Cultura

1944, UN AEREO DA SAN SEVERO SCOPRE AUSCHWITZ

di MICHELE MONACO
Lo storico MARTIN GILBERT nel suo libro “La grande Storia della seconda guerra mondiale” riferisce che da base aerea di San Severo -“Torre dei Giunchi” (Italia) – partirono degli aerei ricognitori britannici chiamati “Mosquito” la cui missione era quella di fotografare la grande fabbrica tedesca I.G. FARBEN di Monowitz. Ma oltre a questa fabbrica fotografarono il campo di concentramento di AUSCHWITZ. Il pilota CHARLES BARRY (foto s.d’I.) con il pilota navigatore IAN McINTYRE (foto s.d’I.) protagonisti dell’impresa. Nel 1944, a San Severo. nell’aeroporto militare (collocato nei pressi della masseria “TORRE DEI GIUNCHI”) era di stanza il 60° Squadrone di ricognizione fotografica della SOUTH AFRICAN AIR FORCE. Questo squadrone (tutto britannico) aveva già operato nel Nord Africa e dal febbraio del ’43 i suoi piloti avevano in dotazione moderni e veloci aerei ricognitori voluti dal generale MONTGOMERY. Nella primavera del 1944, l’ordine di servizio diramato dal comando di Torre dei Giunchi è chiaro: la missione di quel giorno prevede un lungo volo da San Severo fino ai cieli della Polonia meridionale per fotografare con la massima precisione possibile la grande fabbrica tedesca I.G. FARBEN di Monowitz. Salgono sull’aereo il giovane pilota CHARLES BARRY da Johannesburg in coppia con il navigatore IAN McINTYRE di Città del Capo. La loro missione consiste nel raggiungere gli obiettivi militari e fotografarli. L’aereo non ha armamenti ma monta potentissime attrezzature fotografiche. Il ricognitore chiamato “Mosquito” ha sulla carlinga lo stemma del 60° squadrone SAAF e, bene in evidenza, il motto “ACCIPIMUS ET DAMUS”. Quindi si stacca dalla pista di San Severo in tarda mattinata. Un volo solitario, senza scorta. E dopo qualche ora BARRY E McINTYRE sono sull’obiettivo, sulla “verticale” della fabbrica I.G. FARBER di Monovitz. Scriverà CHARLES BARRY nel 1989, quarantacinque anni dopo: “Se mi ricordo bene, io e IAN ci avvicinammo all’obiettivo da fotografare volando da ovest verso est e lui mi avvertì che il portello della macchina fotografica non funzionava a dovere. Le due lenti focali erano state montate in tandem per assicurare una copertura laterale sovrapposta, il che permetteva alle macchine fotografiche da 20 pollici (50 centimetri) di riprendere un’area di circa 5 miglia. Dovevamo fare in fretta poiché il nostro aereo di ricognizione era disarmato e correva il serio rischio di essere intercettato dal nemico. Impegnarci in un secondo giro di ricognizione, dunque, sarebbe stato pericoloso. Ciononostante, invece di tornare indietro, decidemmo di avvicinarci nuovamente all’obiettivo: volevamo essere sicuri che le macchine fotografiche coprissero la zona. IAN lasciò la macchina fotografica in modalità di ripresa per un tempo più lungo del solito e penso che fu proprio questa corsa supplementare, da est verso ovest, che consentì di riprendere particolari di quel campo di concentramento che in seguito sarebbe stato conosciuto come AUSCHWITZ”. (cit: MICHELE GUALANO-Questionario per il destino).

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