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HOMO HOMINI LUPUS (L’uomo è un lupo per l’uomo)

Riceviamo e pubblichiamo:

Uccidere: privare una persona della vita, farla morire. Definizione semplice, probabilmente anche banale. Ma è altrettanto semplice compiere l’azione collegata a tale verbo? Lo stato dei fatti ci dà una risposta affermativa. A quanto pare, uccidere è facile, ma forse ancora più facile è decidere di uccidere. Si uccide per sbaglio, si uccide per mancata accortezza, si uccide per interesse o per necessità, si uccidere per rabbia. Si uccide in continuazione, si uccide da sempre. Nessun omicidio ha senso, ma ci sono alcuni omicidi più insensati di altri. Morire perché qualcun altro ha deciso che tu debba morire: sembra assurdo, ma la vita, bene ritenuto irrinunciabile e fondamentale, evidentemente non è universalmente fondamentale. Un comune sentimento di reciprocità e di solidarietà umana dovrebbe, in teoria, portarci alla convinzione che ciò che è fondamentale per noi stessi (probabilmente) lo è anche per i nostri simili. E invece no, non è così; a prevalere è la nostra egoistica sudditanza al relativismo: meglio all’altro che a me. Quanto conta aver sottratto all’altro il bene più grande, se io posso continuare a goderne? Non sappiamo se ci sia qualcosa dopo la vita terrena, possiamo immaginarlo, possiamo crederci per fede, ma non lo sappiamo. Uccidere qualcuno significa voler correre il rischio di poterlo destinare all’oblio, di poter cancellare l’unica certezza, l’unica prova materiale della sua esistenza. Queste considerazioni dovrebbero portare alla conclusione che per uccidere sia necessaria grande forza e grande determinazione, ma la realtà fenomenica supera e contraddice la speculazione filosofica. Homo homini lupus.

FABRIZIO CAPOSIENA

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