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23 marzo 1950, il giorno del coraggio. 75 anni fa “La Rivolta”: Elvira racconta Elvira

San Severo 23 marzo 1950. Una data impressa nella memoria cittadina di San Severo. Una data oscura per il mondo contadino e operaio tutto, quella della rivolta popolare che scoppiò a seguito delle misere condizioni di vita e delle promesse tradite nel secondo dopoguerra.

ELVIRA SURIANI era una delle donne della rivolta.
Cosa resta del suo sacrificio?
A chiederselo è sua nipote Elvira Cannelonga, che racconta di sua nonna e dell’eredità che le ha lasciato.

Elvira Suriani nasce nel 1915 in una famiglia antifascista. Il padre fu ripetutamente condannato e arrestato. A 17 anni si sposa civilmente con Carmine Cannelonga, un uomo che aveva appena trascorso sei anni in carcere per la sua opposizione al regime.
Suo padre e suo marito vivono costantemente controllati dalla polizia fascista ed anche lei, rivelano fonti giornalistiche dell’epoca. Elvira è una ragazza attenzionata dalla polizia a causa di una evidente ribellione alle regole.
La vita da sposata è difficile poiché la coppia subisce minacce, discriminazioni e la povertà dei braccianti non concede tregua.
Nel 1937 il marito viene arrestato e condannato a 5 anni di confino, prima a Ponza e poi a Irsina, dove lei lo raggiunge dando alla luce due figli in una casa ricavata da una stalla. Sono anni tremendi, ma l’amore del marito e dei figli, la solidarietà degli irsinesi renderanno quegli anni un ricordo speciale.
Nel 1943, Elvira torna a San Severo e, insieme a tante altre donne, diventa attivista politica dando vita a un animato gruppo che partecipa alle lotte per il lavoro, la giustizia e i diritti delle donne. Fra di loro Soccorsa Mollica, la segretaria di una cellula con 147 iscritte.
È in questi anni che la vita di questa famiglia diventa tutt’uno con il partito, che la casa e la sezione si fondono, che, per Elvira, le compagne diventano sorelle e l’ ideale del Socialismo la ragione di vita.
Nel ’50, a seguito dello sciopero, 180 persone vengono arrestate, tra cui decine e decine di donne. Resteranno ad aspettarli 105 bambini. I miei nonni, arrestati entrambi e detenuti per oltre due anni, lasciano fuori 5 figli.
Le donne in carcere soffrono molto, per loro risulta devastante la separazione dal mondo privato della casa e degli affetti. Elvira, a seguito di una trombosi viene ricoverata in ospedale dove le negano la visita della piccola Lina, a Rosa Campanaro impediscono di vedere per l’ultima volta la figlia di 16 anni morta.
Sono giudicate dalla morale prima che dai tribunali:sono condannate due volte, dallo Stato e dalla società ma sono forti, eroine che non si piegano mai anche se ferite.

Da donne avvilite e stanche, con forza e dignità, si trasformano in coraggiose combattenti e cominciano a rammendare le lenzuola del carcere per guadagnare qualche lira e comprare l’inchiostro e i libri; Elvira impara a scrivere frasi d’amore al marito ,ai figli e alle compagne.
Le sue lettere, ritrovate nell’archivio di famiglia, ci raccontano una donna che non perde la femminilità e la dolcezza, ma diventa pragmatica nel momento del bisogno (hai ricevuto i miei petali di Rosa? Dobbiamo vederci per parlare della vigna e dei 5 figli… )

Cosa resta di queste donne ?
La nipote Elvira ce lo spiega.
Tutte hanno deciso di schierarsi, in prima fila, lì quel giorno, perché li 23 marzo a piazza Allegato c’era la rivolta contro le ingiustizie, ma anche ogni altro giorno della loro vita. Di fatto erano uscite dalla dimensione privata delle mura domestiche in cui il fascismo le voleva
“angeli del focolare“ in un tempo in cui anche solo alcuni atteggiamenti quali essere “impertinenti “ o “ insolenti “ o “rosse in viso “, poteva significare l’internamento in un ospedale psichiatrico. In massa, invece occupavano nuove dimensioni della vita pubblica.
Ma, una volta scarcerate, tornano ad essere solo madri, sorelle, figlie. Solo Arcangela Villani si dedicherà ancora alla politica. Esse come tante altre impegnate nell’antifascismo sono costrette a tornare alla vita domestica e i loro sogni di indipendenza e la speranza di trovare nuovi ruoli nella ricostruzione si perdono. Le donne, dopo la Liberazione trovano un Italia in cui per l’emancipazione femminile non c’è spazio. Alcune di loro continuano a fare politica ma si trovano a vivere un ritorno forzato alla dimensione privata, alla casa. Le loro riflessioni, a volte amare, ricordano un pezzo

Elvira Cannelonga

dimenticato della nostra storia e anche a Elvira e alle altre di San Severo non è stato riconosciuto il giusto contributo.
Tuttavia, questo può essere un momento di riflessione sulla storia delle donne, un capitolo importantissimo della storia d’Italia e della nostra città.
Il loro è un grande insegnamento, hanno schiuso a tutte le altre donne del Mezzogiorno una strada nuova di progresso, una strada di battaglie difficili e pericolose ma con la certezza della vittoria.

Protagoniste silenziose, appaiono molto poco nei libri ma pronte a fare la loro parte, ad agire, umili ma piene di dignità. Mai passive,si assumono la responsabilità della scelta, giusta o sbagliata, vitale o mortale.
A cosa può servire parlare di Elvira dopo 75 anni?
Ad avviare una seria riflessione sui valori che motivarono questa ed altre donne, sui sacrifici che si resero necessari, sull’eredità che ci hanno lasciato e sui cambiamenti che quelle azioni hanno avuto o ancora hanno sulla nostra società.
Come tutte le donne del mondo hanno avuto certamente i loro affetti, sogni e speranze. Eppure non hanno esitato un attimo nel rinunciare a tutto, piuttosto che tradire e rinnegare. Con tale coraggio, con serenità, con la fede, hanno costruito l’avvenire non solo per se e i loro figli, ma per noi tutti.
Noi, oggi, non potremmo essere libere di esprimerci, di fare il lavoro che vogliamo, di amarci liberamente, di fare un figlio fuori dal matrimonio, senza il sacrificio delle donne che hanno fatto le grandi battaglie. Per questo è necessario non disperdere la memoria dell’operato di queste donne soprattutto a vantaggio delle nuove generazioni.
Io, sua nipote, ho compreso da che parte stare.
Elvira Cannelonga

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