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Antonio Carafa ucciso per 200 euro

I Carabinieri del Comando Provinciale di Foggia hanno dato esecuzione ad un fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica di Foggia, nei confronti del bulgaro 36enne IVANOV Yolo Bogdanov, poiché gravemente indiziato dell’omicidio di Carafa Antonio.

Il 14 febbraio scorso a San Severo il corpo ormai esanime dell’86enne veniva trovato, all’interno della sua abitazione in via Pignatelli, dal figlio che allertava immediatamente il 118 e i Carabinieri di San Severo.

All’esito di ispezione cadaverica venivano riscontrate tre ferite da punta e taglio al collo ed una alla nuca, nonché numerose fratture del cranio.

I Carabinieri effettuavano subito un accurato sopralluogo sia dell’appartamento, che si presentava completamente in disordine, sia dell’autovettura della vittima che aveva il finestrino rotto e da cui, presumibilmente, l’aggressore aveva prelevato le chiavi per entrare in casa del Carafa.

Immediatamente, coordinata dalla Procura della Repubblica di Foggia, veniva avviata una meticolosa attività d’indagine dai Carabinieri del Nucleo Investigativo e della Compagnia di San Severo, sviluppata soprattutto attraverso la raccolta di testimonianze e la visione di immagini estrapolate dai sistemi di videosorveglianza presenti in zona, al fine di dare riscontro ad alcune tracce lasciate dall’omicida sui luoghi del delitto, cercando nel contempo di ricostruire la dinamica ed il movente dell’evento.

Le attività d’indagine si concentravano nell’analizzare i vari filmati che ritraevano le varie vie d’accesso all’appartamento della vittima.

Questa analisi, seppur resa difficile dall’orario notturno e quindi dalla scarsa qualità delle riprese, faceva emergere il sospetto che una delle figure ritratte, seppur ripresa di spalle e molto sfocata, potesse essere l’autore del fatto delittuoso.

Da questo primo indizio i Carabinieri individuavano, per l’andatura ed alcune particolari fattezze fisiche raffigurate, il sospettato in un bulgaro, vicino di casa del Carafa.

A questo punto gli investigatori, nel corso della perquisizione domiciliare, approfittando di un allaccio abusivo alla rete elettrica effettuato dal sospettato per alimentare di corrente la sua abitazione, portavano in caserma l’uomo affinché venisse compiutamente identificato e gli venissero prese le impronte digitali poiché non era stato mai fotosegnalato, guadagnando così tempo per raccogliere ulteriori indizi a suo carico.

Già durante questo primo approccio l’IVANOV tradiva un evidente nervosismo che rafforzava negli investigatori la consapevolezza di aver intrapreso la strada giusta per l’identificazione dell’autore dell’efferato omicidio.

Una prima svolta nella risoluzione del caso veniva garantita dagli accertamenti di natura scientifica che permettevano di riscontrare che due impronte papillari repertate sul montante dell’autovettura in uso al Carafa corrispondevano alle impronte dell’IVANOV appena acquisite con il fotosegnalamento. L’accertamento confermava, quindi, che il bulgaro, per entrare in casa, aveva asportato le chiavi dell’appartamento presenti all’interno dell’autovettura.

Nel frattempo, nella considerazione che i Carabinieri avevano rinvenuto e sequestrato le scarpe ed il giubbino indossato con ogni probabilità dall’IVANOV la sera dell’omicidio, lo stesso cominciava a fare le prime ammissioni facendo rinvenire un piede di porco utilizzato per l’aggressione e due mazzi di chiavi per aprire il portone di accesso all’abitazione del Carafa e l’autovettura in uso a quest’ultimo, che erano stati occultati tra le macerie di una casa diroccata in un vicoletto del centro storico di San Severo. I Carabinieri riscontravano immediatamente che le chiavi rinvenute erano effettivamente quelle del portone della vittima.

Le incessanti investigazioni permettevano, quindi, di far emergere gravi indizi di colpevolezza a carico del 36enne bulgaro che messo di fronte agli elementi di responsabilità raccolti a suo carico e soprattutto alla contestazione della presenza delle sue impronte papillari sul montante dell’autovettura in uso al Carafa, confessava definitivamente al Pubblico Ministero, in sede di interrogatorio e con le garanzie di legge, il delitto commesso.

Per quanto riguarda il movente, le indagini confermavano l’ipotesi investigativa iniziale, ovvero di una rapina, che si è rivelata essere stata perpetrata per un bottino di poco più di 200 euro, degenerata in un efferato omicidio per la resistenza opposta dalla vittima.

Al termine delle attività, il fermato è stato associato alla casa circondariale di Foggia. Continuano, intanto, le indagini per accertare un eventuale coinvolgimento di complici.

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