CAMMINARE È UNO SPORT!
Riflessioni di cultura sportiva
Premetto che faccio parte di un gruppo di camminatori. Di quelli che ogni weekend, alle 8 del mattino…se la filano, ritrovandosi per andar baldanzosi per boschi, per primitivi sentieri, per tratturi o mulattiere, per greti di fiumi ormai prosciugati. A respirare aria salubre. A compiacersi dell’amichevole compagnia degli alberi, tanti, dei fiori, molti, anche di specie spesso sconosciute, non di rado di qualche frutto arcaico. A essere meravigliato da una pietra cui la natura ha dato una forma singolare. A rallegrar lo spirito per uno squarcio di panorama sorprendente. A curiosare all’interno di una caverna o del rudere di un’antica dimora che, in qualche tempo seppur remoto, abbiano accolto umani intenti alle loro laboriosità. Infine, ma non meno giovevole, a fare una sana attività motoria. Personalmente, infatti, ho necessità di rinnovare con periodicità al mio allestimento muscolare, la memoria della sua primitiva missione, quella di condurmi. Bene, esaurita la premessa, vi dico che, sulla pagina social del gruppo dei camminatori, ho trovato postato un articolo così titolato CAMMINARE NON È UNO SPORT. Pur ritrovando in esso considerazioni condivisibili sugli aspetti ormai un tantino guasti di taluni contenuti dello sport, ho avvertito la necessità di dover far chiarezza sulla risoluta asserzione contenuta nel lapidario titolo dell’articolo. Ed allora bisogna proprio che si parta dal significato di sport. Tutti sappiamo che la parola SPORT deriva dall’inglese DISPORT che vuol dire divertimento ed io aggiungerei, perciò, emozione. Ma se risaliamo all’origine latina del termine deportare il suo significato sta per uscire fuori porta, che nell’uso corrente poi assunse l’accezione di allontanarsi dalle mura cittadine per meglio svolgere attività fisica. Or dunque, quale attività, più del camminare, può vantarsi del titolo di sport? Indubitabilmente il camminare è stato il primo sport praticato dall’uomo. Per percorrere a piedi i trasferimenti dettati dalla sua condizione di nomade. O anche, in epoca successiva, per assolvere le necessità della transumanza. In seguito si sono aggiunte altre forme di attività motoria, come il percorrere un tragitto a passo più rapido, probabilmente per sfuggire a qualche pericolo incalzante. E poi un passo allungato, un balzo, un salto, per scavalcare un ostacolo, per superare un fosso. Ed ancora un lancio di pietra o di arma rudimentale per difendersi, catturare. Non conosco altri gesti, suscettibili di sviluppi sportivi che l’uomo abbia potuto far prima. E sono questi gesti primordiali e utilitaristici, dal camminare, al correre, al saltare, al lanciare che sono subentrati, sotto forma di ricerca di destrezza, a dare varietà e spiritualità a una vita, fondamentalmente, animalesca. E’ nel tentativo di evasione dalle assillanti esigenze del cercar cibo, del doversi difendere e, quindi, dei doveri legati alla sopravvivenza, che l’uomo organizzò quelle attività sotto forma di svago, d’intrattenimento. Di sport, appunto. Io il sabato, quando esco per la mia camminata settimanale, in aperto dissenso con quanto asserisce FREDERIC GROS, faccio sport, perché essa risponde ai due requisiti basilari necessari a fregiarsi di quest’appellativo: divertimento (emozione) e moto. Poi si può dire che quest’attività comincia ad assumere i connotati per i quali nell’articolo menzionato si condanna lo sport allorché si vuol camminare per diverse ore, per una giornata intera. Quanti km abbiamo fatto? Quante ore abbiamo camminato? Che andatura abbiamo mantenuto? Ed allora è la competizione con se stessi o con gli altri che non è proprio ben vista dall’estensore dell’articolo che condanna lo sport e ne esclude il camminare? Boh!