CARLO FRACCACRETA, IL PRIMO DEPUTATO DI SAN SEVERO NELL’ITALIA UNITA

Qualche giorno fa (17 marzo) ricorreva il 160° anniversario dell’Unità nazionale e mi sembra doveroso ricordare il primo concittadino che ebbe l’onore di sedere nel nuovo Parlamento Nazionale in Palazzo Carignano. Era CARLO FRACCACRETA di FRANCESCO PAOLO, nato a San Severo il 9 ottobre 1804. Compì i suoi primi studi nel locale seminario e nel giugno del 1821 lo troviamo, insieme a CAVALLI, D’AMBROSIO e VENUSI in un elenco di carbonari, “empi soggetti”, di San Severo, compilato da un ispettore di polizia. Dopo la rivoluzione del 1820-21, si iscrisse alla Giovane Italia e fu Consigliere Provinciale. Eminente uomo politico, non era un rivoluzionario, conosceva bene i problemi della sua terra ed era convinto che si potessero risolvere con la concorde partecipazione di tutti i cittadini. Spesso assunse anche le funzioni di Sottintendente pro tempore del Distretto di San Severo e in questa veste, nell’aprile del 1848, giorni in cui la debolezza del potere centrale creava grande tensione politica, scatenando vendette locali e violenze private, scrisse all’Intendente GAETANO COPPOLA, esortandolo a eliminare “i piccoli odi municipali” e a fare della provincia “una famiglia, affratellando tutti i vostri amministrati”. Liberale, nel giugno del 1848 fu eletto con voti 661 deputato nell’effimero Parlamento napoletano. Il 22 giugno 1848 la commissione centrale elettorale di San Severo gli trasmise il processo verbale relativo alla sua elezione. A Napoli fece parte di una delegazione composta di dodici deputati per chiedere al re la partecipazione napoletana alla guerra d’indipendenza e presentò due proposte di legge: una per la libertà di stampa e l’altra che mirava a proteggere il grano prodotto nel regno, chiedendo che venisse ripristinato il dazio di immissione di un ducato a cantaio (equivaleva a Kg 89) sui cereali stranieri, che era stato temporaneamente abolito.
Il 9 settembre 1860 in rappresentanza di San Severo si recò insieme al sindaco FILIPPO D’ALFONSO, a MATTEO MASCIA e a LUIGI DI FAZIO da GARIBALDI nella ex capitale del regno borbonico per “Fare atto di piena e perfetta adesione al programma che si compendia nelle parole sacre ITALIA E VITTORIO EMANUELE”. Per le elezioni del 27 gennaio 1861 si costituì a Napoli “un comitato di eminenti personalità” di tendenze moderate, che lo raccomandò come candidato per il collegio di San Severo. CARLO FRACCACRETA fu però candidato sia nel collegio di San Severo che in quello di San Nicandro. Andò al ballottaggio in entrambi: a San Severo con LUIGI ZUPPETTA e a San Nicandro con GIUSEPPE LIBETTA di Peschici. Nelle elezioni suppletive del successivo 3 febbraio, mentre a San Severo fu nettamente superato da LUIGI ZUPPETTA (463 voti contro 194), a San Nicandro precedette LIBETTA. Malauguratamente problemi di salute gli impedirono di essere a Torino il 17 marzo 1861 quando a Palazzo Carignano il nuovo parlamento dell’Italia unita proclamò il Regno d’ Italia e il 20 dello stesso mese scrisse al presidente della Camera dei Deputati URBANO RATTAZZI: “Sorpreso da non lieve morbo alla vigilia della mia partenza per cotesta città, la mia salute da quel giorno va gradatamente peggiorando” e non potendo esporsi “alle vicissitudini di un lungo viaggio, per partecipare ai parlamentari lavori”, chiese un congedo illimitato, ma ne ottenne uno di due mesi, trascorsi i quali andò a Torino poche volte, ma ciò non gli impedì di seguire le tristi vicende del brigantaggio nel Mezzogiorno. Nel febbraio del 1863, convocato a Foggia dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul brigantaggio, non vi si potè recare e fece pervenire al Generale GIUSEPPE SIRTORI una lettera in cui, tra l’altro, scriveva che, a suo parere, l’origine del brigantaggio «non ha colore politico», ma «ha per movente principale l’antica lotta, la irrefrenabile inimicizia esistente tra coloro che posseggono e i nulla tenenti» e aggiungeva che il brigantaggio era favorito da «i proprietari, i borghesi, gli opulenti aristocratici che lo sostengono per evitare le stragi e le rovine delle quali son minacciati». Sono due affermazioni inconfutabili, che trovano conferma nelle vicende che dal 1860 al 1864 resero difficile l’integrazione del Mezzogiorno nello Stato unitario. Morì a San Severo il 30 novembre 1863, dopo aver rassegnato il mandato parlamenta
GIUSEPPE CLEMENTE
