“CHIESE APERTE” un progetto culturale made in San Severo

Tre sono i grandi temi di discussione su cui ho sempre pensato inutile perdere tempo, visto che ne nascono solo polemiche e inutili liti: il governo (di qualunque colore esso sia), il calcio (scatena gli istinti peggiori), i giovani. Non perché siano argomenti futili, tutt’altro, ma perché i ragionamenti che si fanno sono sempre condizionati da preconcetti di cui non è facile liberarsi.
E allora il governo finisce con l’esseresempre ladro eincapace, nel calcio vince sempre chi ruba i rigori, i giovani sonosvogliati einetti.
Sue primi due temi, allora resto dell’idea iniziale: li lascio a chi ha tempo da perdere. Sul terzo, sono pronto invece a mettermi in gioco.
Era domenica sera e avevo appena finito di ascoltare in tv l’esperto di turno (quanto odio chi vuole insegnare agli altri come si deve vivere!) che per un’ora aveva parlato dei social e della loro pericolosità, della incapacità dei giovani di comunicare, di quanto era più stimolante la vita quando c’erano le cabine telefoniche a gettone, di come fosse più veroil mondo quando si suonava il citofono (come se il mondo di oggi ci sia caduto addosso all’improvviso e non sia invece il frutto di anni di evoluzione in cui anche quell’esperto, anziché agire, si faceva beatamente i fatti suoi!), quando mia moglie mi chiede se ho voglia di partecipare a un’iniziativa che si sarebbe tenuta quella sera, dal nome “Chiese Aperte”, un tour a piedi tra le 5 chiese del centro storico: San Severino, San Benedetto, Celestini, Carmine, Morti (come volgarmente denominate da tutti noi).
Alzarmi dal mio divano domenicale per lanciarmi in questo tour non mi attirava proprio. Ma, si sa, sono le mogli che hanno il coltello dalla parte del manico per cui, anche per evitare ripercussioni sul menù della settimana, giocoforza misi il giaccone e mi avviai con lei verso il centro storico. Ero convinto che a guidare il gruppo – come già altre volte mi era accaduto – ci fosse uno dei soliti “so-tutto-io”, quelli che parlano convinti di dispensare perle ai porci, tanto che se la credono (perchè per loro conta solo il parlare e non il farsi capire). Invece, con mio grande stupore, entriamo nella Chiesa dei Morti e trovo sul presbiterio Antonello Pilato, 17 anni, quarto liceo classico, che, senza alcun timore reverenziale, a voce alta, chiara e, ciò che non guasta, con un bel sorriso e senza esitazioni, illustra ai presenti (e non erano pochi) le bellezze artistiche di quello scrigno d’arte. Ci spostiamo a San Lorenzo, dove incontriamo Matteo Sacco, 28 anni, che ha messo da parte la sua laurea in giurisprudenza per dedicarsi all’arte della sartoria sacra. E poi, ai Celestini,c’è Francesco Gravino, 22 anni, studente di Lettere Moderne a Foggia, che ci guida anche nelle chiese del Carmine, dei Celestini e di San Severino. Tre ragazzi checon tanta umiltà e tanto saper parlare ci conducono nei meandri della storia locale, esaltando le bellezze contenute nei nostri templi e restituendo, ai capolavori della nostra terra,quella luce che meritano.
“E’ un’iniziativa nata dalla passione che questi ragazzi coltivano per l’arte e per la storia” ci racconta Emanuele D’Angelo, il loro coordinatore, docente all’Accademia delle Belle Arti di Bari. “Si parla sempre male dei nostri giovani. Loro sono la prova che c’è tanto di buono qui a San Severo. Basta dare a chi merita il giusto spazio e favorire le iniziative culturali, da decenni riservate sempre ai soliti. Va però anche dato il giusto merito a don Quirino Faienzache ci ha consentito di realizzare il nostro progetto culturale”.
Ecco, don Quirino Faienza, da pochi mesi parroco di San Severino. E’ stato bravo a mettere su questa bellissima squadra, ma è anche vero che ha trovato terreno fertile, in un gruppo di giovani che altro non desideravano che far valere sul territorio i loro studi, la loro cultura e, perché no, la loro sanseveresità.
Sarebbe bello se questo fosse solo l’inizio di un cammino.
Oggi ho parlato dei giovani, uno dei tre argomenti tabù di cui sopra. Ma non ho l’impressione di aver perso tempo.Vuoi vedere che i temi di cui non vale la pena parlare sono solo due e non tre?
Mauro Valente