Chieti, maxi retata: droga e armi nella banda degli albanesi – anche due sanseveresi
L’operazione di carabinieri e Finanza con 20 arresti e 37 indagati nelle province di Chieti, Genova, Campobasso e Foggia. Le indagini dalla sparatoria in una bar di San Salvo nel 2016. Il sindaco: “Qui lo Stato c’è, grazie!”.
CHIETI. «La banda di albanesi agisce secondo logiche di controllo del territorio proprie delle associazioni di stampo mafioso». E ancora: «La droga dell’organizzazione giungeva fino alle scuole». Bastano due passaggi dell’ordinanza firmata dal giudice Giuseppe Romano Gargarella per comprendere la pericolosità del sodalizio criminale, con base tra San Salvo e Vasto e tentacoli in mezza Italia, sgominato ieri da carabinieri e finanza. Venti arresti, altri 37 indagati, 13 chili di droga sequestrati durante le indagini: sono i numeri della maxi operazione scattata nelle province di Chieti, Genova, Campobasso e Foggia con l’impiego di 300 militari, corpi speciali, due elicotteri e cani specializzati nella ricerca di banconote. Un’inchiesta, diretta dal pm Stefano Gallo della Distrettuale antimafia, che ha inferto un duro colpo al narcotraffico nel Chietino.
AL VERTICE DELLA GANG. Ci sono albanesi, ma in manette sono finiti anche criminali locali. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti e possesso e porto illegale di armi. La gang, che si riforniva soprattutto in Olanda, Albania e Slovenia, «veicolava notevolissimi quantitativi di droga: solo di cocaina tra i 4 e i 5 chili al mese». E quella cocaina è stata anche spacciata a minorenni, all’interno di una scuola superiore del Chietino, da uno studente albanese di 19 anni rifornito da uno degli arrestati. In carcere sono finiti gli albanesi Denis Bimi (28 anni), capo indiscusso, Clirim Tafili (49), Elvis Cafi (39), Adriano Shabanaj (44), Agim Cafi (39), Besmir Sylja (24), Elvin Tafili (39), Ajden Cekorja (24), Bruno Aliu (35), Erlin Roci (32), Alessandro Ronzullo (35), originario della Puglia ma residente a San Salvo, Franco Nardino (55) di San Severo, Berardino D’Onofrio (31), nato a Foggia ma residente a San Salvo, il macedone Emran Morina (29) e il romeno Costel Blanaru (42). Arresti domiciliari, invece, per Raffaele Iacovone (51) di Castiglione Messer Marino, Matteo Colapietra (58) di Campomarino (Campobasso) e gli albanesi Eqrem Bimi (58), Andersen Tomorri (27) e Albjond Xheka (29).
LE INDAGINI. Sono partite nell’ottobre del 2016 dalla sparatoria al bar Evelin di San Salvo – locale al centro dello spaccio di cocaina, eroina, hashish, marijuana – per iniziativa dei comandi provinciali dell’Arma, guidata dal colonnello Florimondo Forleo e dal maggiore Marcello D’Alesio, e delle fiamme gialle, dirette dal colonnello Serafino Fiore e dal tenente colonnello Giuseppe Pastorelli. La banda, come confermano i sequestri di due pistole eseguiti dai carabinieri del nucleo investigativo di Chieti, ha evidenziato «disponibilità di armi e volontà e capacità di usarle». Lo dimostra soprattutto la gambizzazione di un buttafuori, preso a colpi di pistola per non aver fatto entrare in un locale di San Salvo il nipote di Elvis Cafi. «L’evidente sproporzione tra motivo scatenante e reazione», scrive il gip, «si spiega soltanto inserendola in un contesto para-mafioso: dimostrazione di forza e di forza armata, strumentale all’affermazione criminale nella zona di Vasto e San Salvo». Tant’è che l’organizzazione era riuscita a sbaragliare la concorrenza, respingendo con metodi violenti i tentativi di infiltrazione della malavita foggiana. Gli albanesi avevano anche attività commerciali, come bar, concessionarie e depositi di materiale, utilizzati come copertura e forse anche per investire il fiume di denaro portato dalla cocaina che arrivava a San Salvo nascosta nei sottofondi delle auto e nelle ruote di scorta.
fonte il centro