CONDANNA SENZA APPELLO

di ENZO VERRENGIA
Le omelie spettano ai sacerdoti e ai predicatori religiosi. La società, invece, esige il rispetto delle regole, l’applicazione delle leggi e la consegna dei colpevoli alle autorità. Tanto più nei casi di efferatezza che superano finanche le punte più abiette di certa invenzione cinematografica e televisiva. Nel gergo militare si chiama OVERKILL e si può tradurre alla lettera come “eccesso omicida”. Quando avviene, devono farsi da parte i soloni del politicamente corretto, pronti a giustificare o peggio assolvere chi va posto, semmai, in condizione di non nuocere ulteriormente al prossimo. E i media rendono un pessimo servigio se dànno il microfono, la telecamera o la pagina a chi costruisce un edificio di parole che dovrebbero nascondere la verità dell’orrore. Le cui propaggini possono allungarsi lontano dalla scena del crimine, per arrivare a certe radici geografiche. Allora c’è anche UN’ALTRA COMUNITÀ che deve interrogarsi. Perché di suo già attraversata da uno tsunami di violenza di cui non si intravede la fine, malgrado i comitati, l’indignazione e l’opera infaticabile delle forze dell’ordine. C’è un filo di sangue, di abominio, di ferocia allo stato puro che lega poli distanti della cronaca nera. Dinanzi alla quale bisogna smetterla con le analisi, le ricognizioni pseudostoriche, i pretesti per deresponsabilizzare i singoli dalle proprie orrende imprese. Nessun argomento trito e ritrito spiega la banalità del male, secondo la splendida definizione di HANNAH ARENDT. Si delinque a prescindere. Taccia la canèa degli esperti di anima e di economia, pronti a blaterare di condizioni ambientali, di disagio, di marginalità. Le malattie si curano con la chimica medicinale. L’orrore omicida si emenda con una giustizia inesorabile. Allora, nessuna comprensione. Solo condanna!
