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DISUGUAGLIANZE COSTITUZIONALI CERA : “AL SUD LE CURE PEGGIORI PER MANCANZE DI ADEGUATE RISORSE”

Bari, 2 nov. – Il sistema sanitario divide l’Italia aumentando le disuguaglianze tra le Regioni. Lo afferma l’ultimo Rapporto Crea sulle performance dei servizi sanitari regionali, redatto dall’Università Tor Vergata di Roma, che sulla tutela della salute sconfessa uno dei principi costituzionali.

E allora si dovrebbe partire da questa riflessione per avviare un discorso più approfondito sulla riforma della Costituzione, perché la “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, come recita la prima parte dell’art.32, non ha la stessa applicazione sul territorio italiano, non garantisce stesse cure a Milano, a Palermo o Napoli.

La sanità italiana si muove a diverse velocità, e a fare la differenza sono i soldi che le regioni mettono a disposizione per ciascun assistito, per cui chi ha poche risorse ha maggiore probabilità di non avere adeguata assistenza sanitaria.

Una vera riforma dovrebbe partire da una puntuale applicazione dei principi costituzionali che invece si vogliono modificare. Perché se è vero che parte del degrado del sistema assistenziale è imputabile al federalismo sanitario e alle scelte delle singole amministrazioni, è anche vero che la situazione fa comodo ad alcuni a discapito di altri.

Un anno fa l’Istat fotografava la situazione di disagio sociale, sostenendo che per stare meglio bisognava “scappare dal Sud, non fare figli e avere in casa un anziano pensionato”.

L’Istat faceva riferimento all’indice di deprivazione, ovvero il tasso di esclusione sociale determinato dalla disponibilità monetaria, per spiegare le difficoltà di vita e di cura in molte regioni, dove ci sono «eccellenze», come Veneto, Trento, Toscana e Piemonte, e «criticità», come in Liguria, Valle d’Aosta, Abruzzo, Sardegna, Sicilia, Puglia, Calabria e Campania. Con la Puglia che fa registrare il 13,9% (peggio fa solo la Campania) di cittadini che rinunciano a curarsi per super-ticket o liste d’attesa.

Dati sconfortanti ma che non trovano soluzione nel sistema di riparto del fondo sanitario, soggetto alla “legge del più forte”, dove “le regole le dettano le regioni più ricche e con maggior peso politico”. Non a caso il richiamato “indice di deprivazione” non trova conforto tra i criteri di riparto delle risorse, perché a qualcuno conviene tenere in sofferenza il sistema sanitario meridionale, anche se non sempre avere più risorse a disposizione equivale ad avere migliore servizio sanitario.

Ma le storture del sistema non si combattono riformando la Costituzione. Non serve più Stato e meno federalismo, ma migliore Stato e migliore federalismo. Il ritorno al centralismo non è la cura più efficace contro gli sperperi. Il 4 dicembre il voto non è una questione tra populismi riformatori e vecchi regimi conservatori, ma sulla qualità della politica.

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