EDUCARE ALLA MOTRICITA’
di VANNI PELUSO CASSESE
Ci stiamo abituando troppo all’equazione motricità = attività sportiva. Credo proprio che questa uguaglianza vada rivisitata e corretta. In special modo nel mondo dell’infanzia, ove educare all’attività motoria è diventato esclusivo esercizio di pratica del nuoto, del calcio, del basket, della ginnastica, della danza, delle arti marziali. E no! Non è proprio così che si rende un buon servigio alla formazione dei bambini. Sia chiaro che non voglio certo qui affermare che non è corretto incoraggiare i nostri figli alla pratica di queste o altre attività sportive. Voglio però sostenere che far praticare ai fanciulli una disciplina sportiva non può e non deve essere ritenuto sufficiente a fornire quella sequenza di abilità motorie necessarie ad assicurare la padronanza dei movimenti e garantire nel tempo, quindi, una soddisfacente vita di relazione. Infatti, la MOTRICITÀ e la PAROLA sono i due grandi sistemi che consentono all’uomo di relazionarsi con i simili e col mondo che lo circonda. Fino alla scorsa generazione era in particolare LA VITA IN STRADA la vera maestra della nostra formazione motoria. E che maestra! Era proprio lì… in mezzo alla strada che si immagazzinavano quasi tutte le esperienze motorie necessarie a poter condurre la vita di tutti i giorni. Oggi questa grande maestra, per ragioni ben conosciute, ha ben che esaurita tale sua funzione. E chi oggi la sostituisce nell’opera formativa motoria dei ragazzi? Certo la pratica dello sport assolve buona parte di quella funzione, ma non tutta. Mentre la scuola come diceva MARIA TECLA MONTESSORI, la più grande pedagogista mai esistita: “è quell’esilio in cui l’adulto tiene il bambino fin quando è capace di vivere nel mondo degli adulti senza dar fastidio”. Ecco, allora, che deve ricadere quasi esclusivamente sui genitori l’impegno affinché il bambino possa acquisire alcune particolari abilità motorie che sono poi quelle necessarie al vivere quotidiano. Vediamo allora qualche opportunità da cogliere al volo per far acquisire ai figli quella sensazione di essere… capaci e, quindi, di autonomia motoria che dà sicurezze. Non commettiamo lo sbaglio di proibire sempre talune azioni che reputiamo ancora complesse. Anzi favoriamole. Si impara molto e prima dagli errori commessi. Incoraggiamoli ad esempio a riempire con l’acqua della brocca un bicchiere. Rendiamogli il compito più complesso invitandoli a non superare un certo segno. Ed ampliamo le opportunità favorendo l’esecuzione di azioni quali il grattugiare, lo spalmare, lo sbucciare, lo spremere, il tagliare. Incentiviamoli ad organizzarsi lo zainetto per la scuola con tutto il materiale necessario per il giorno successivo, a rifarsi il letto e riordinare il proprio spazio. Il bambino è a partire già dai due anni che comincia a mostrare voglia di autonomia. Per acquisire autonomia deve acquistare indipendenza fisica, raggiungendo la condizione di essere sufficiente a sé stesso. Indipendenza di volontà con scelte proprie e libere. Indipendenza di pensiero con il lavoro svolto da solo. Ecco perché bisogna evitare di demandare completamente alla pratica di un’attività sportiva lo sviluppo motorio del bambino. La MONTESSORI, a cui si è ispirata tutta la pedagogia moderna, diceva anche: “l’uomo è il risultato del bambino”.