Cultura

IL FANTASMA DI VINCENZO AL TEATRO

La compagnia teatrale del TEATRO-CANTINA FOYER’97, per quattro serate, ha messo in scena le gesta degli Eroi Risorgimentali Sanseveresi. Tra questi è stato evocato il fantasma di VINCENZO che è apparso sul palcoscenico grazie a due animatrici teatrali e ad una voce narrante fuori campo.-<<Mi chiamo VINCENZO FARINA,nato e vissuto a San Severo, mi hanno intitolato la strada proprio dirimpetto alla chiesa dei Celestini, la strada adiacente agli ex locali dell’INPS. Immagino siate curiosi di sapere perché negli anni’60 l’Amministrazione Comunale si sia ricordata di me. Ebbene vi dirò che hanno scoperto (in un verbale comunale del 21 dicembre del 1861) che ho fatto parte della sfortunata spedizione di CARLO PISACANE a SAPRI nel 1857. Quella eroica e sfortunata impresa di PISACANE,precursore della Spedizione dei Mille, gettò il seme nelle coscienze italiane verso il Risorgimento. Io feci parte dei Trecento patrioti che poi fummo immortalati nella famosa poesia “LA SPIGOLATRICE DI SAPRI” di LUIGI MERCANTINI. Quella che inizia con l’indimenticato incipit: “ERAN TRECENTO, ERAN GIOVANI E FORTI E SONO MORTI…” – “Tutto questo lo può anche verificare a pag.81 del libro “San Severo nel Risorgimento” di UMBERTO PILLA(ed.NOTARANGELO del 1978).<<La Spigolatrice di Sapri>> per tantissimi anni è stata costantemente inserita, quale testimonianza della poesia patriottica risorgimentale, in tutte le antologie letterarie scolastiche italiane. Il poeta MERCANTINI(docente di Letteratura italiana presso l’Università di Palermo) adotta il punto di vista di una lavoratrice dei campi, una testimone dello sbarco dei Trecento e che finirà priva di sensi davanti al massacro dei giovani italiani caduti in una imboscata mortale.Ma lasciamo parlare la Spigolatrice: …<<Quel giorno mi scordai di spigolare, e dietro a loro mi misi ad andare: due volte si scontrar con li gendarmi, e l’una e l’altra li spogliar dell’armi. Ma quando fûr della Certosa ai muri, s’udirono a suonar trombe e tamburi; e tra il fumo e gli spari e le scintille piombaron loro addosso più di mille. Eran Trecento, e non voller fuggire;parean tremila e vollero morire; ma vollero morir col ferro in mano, e avanti a loro correa sangue il piano. Finché pugnar vid’io, per lor pregai; ma un tratto venni men, né più guardai:…“ERAN TRECENTO, ERAN GIOVANI E FORTI E SONO MORTI…”.

MICHELE MONACO

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