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I DI SANGRO, SAN SEVERO E RAIMONDO, IL PRINCIPE GENIALE

A 250 anni dalla morte di Raimondo, il Principe di Sansevero per eccellenza, e le attività per ricordarlo in quel di Napoli, tornano alla mente le vicende che nei secoli hanno caratterizzato i rapporti, non sempre pacifici a dire il vero, tra la casata dei Di Sangro e la cittadina che ha amministrato e che culminano nella fama internazionale che Raimondo è riuscito a conquistare, divenendo persino riconosciuto esponente del primo illuminismo europeo.

Nato nel 1710 a Torremaggiore, in provincia di Foggia, divenne settimo principe di Sansevero a soli 16 anni, a seguito della morte del nonno Paolo e della rinuncia del padre, ereditando anche il palazzo di Sangro, a Napoli, abitazione in cui si stabilirà nel 1737.

La sua infanzia non fu facile. Presto orfano di madre, e con un padre, Antonio, duca di Torremaggiore, spesso lontano dell’Italia, venne affidato al nonno Paolo, sesto principe di Sansevero. Battezzato nel castello di Torremaggiore dal vescovo di San Severo, fu a Napoli che trascorse gran parte dell’infanzia.

Nella capitale del Viceregno austriaco dimostrerà le sue doti di enfant prodige, e verrà iscritto al Collegio dei Gesuiti di Roma, realizzando un percorso scolastico straordinario.

I suoi studi comprenderanno la filosofia, l’architettura militare, l’idrostatica, la pirotecnica e le scienze naturali. Per le lingue, giungerà ad impararne con padronanza almeno otto.

La sua prima invenzione a soli 19 anni. Infatti nel 1729 creerà un palco pieghevole, adatto alle rappresentazioni teatrali – con cui conquisterà pure la stima dell’ingegnere di corte dello zar Pietro il Grande.

Nel 1736 sposerà Carlotta Gaetani dell’Aquila d’Aragona, lontana cugina: dalla felice unione nasceranno otto figli.

Diverse le cariche ufficiali ricevute, divenendo tra l’altro gentiluomo di camera a seguito di Carlo III di Borbone, alla testa del Regno di Napoli.

Ma gli impegni pubblici non lo distoglievano dalla ricerca e dalle nuove scoperte. Del periodo infatti la macchina idraulica e un archibugio capace di sparare sia a polvere che ad aria compressa.

La metà del XVIII secolo vedrà un fiorire di scoperte e riconoscimenti per Raimondo che, accademico della Crusca, ottenne il consenso per accedere ai “libri proibiti”, custoditi in numerose biblioteche. Studiò così il pensiero illuminista e dei filosofi francesi, carico di suggestioni alchemiche, sviluppando inoltre una discussa e contrastata adesione agli ideali massonici.

Tra le sue maggiori invenzioni un lume perpetuo, il cannone leggero, la carrozza marittima, gemme artificiali e vetro colorato, la coltura della sanseveria, invenzioni pirotecniche, la paligenesi (ricostruzione di corpi naturali dalle proprie ceneri), la stampa a più colori, le macchine anatomiche, (scheletri in posizione eretta, che mostravano nei dettagli l’intero sistema artero-venoso).

Fu attivo nella ricerca destinata alla produzione di farmaci ed esercitò sempre un’attività intellettuale e letteraria ostacolata dalle censure dei tempi; attirando l’attenzione di molti esponenti del mondo della cultura.

Ma il progetto maggiore del Principe resta la realizzazione della Cappella Sansevero, che ospita opere cariche di fascino e suggestione, riconosciute capolavori dell’arte mondiale.

A segnare l’ultimo periodo della sua vita pesanti difficoltà economiche, che rischiavano di compromettere il completamento della Cappella Sansevero. Tra i più importanti musei di Napoli, è sita nei pressi di San Domenico Maggiore, nel cuore antico della città. Adiacente al palazzo dei principi di Sansevero, è una chiesa ad oggi sconsacrata ed ospita celebri capolavori come il Cristo velato, ad opera di Giuseppe Sanmartino, la Pudicizia di Antonio Corradini e il Disinganno di Francesco Queirolo. La Cappella è sede di numerose altre opere, tra cui le inquietanti macchine anatomiche.

Memorabile l’ultima uscita del Principe nel luglio 1770. Con la «carrozza marittima» solcò il golfo di Napoli: mossa da un sistema di pale a forma di ruote, appariva trainata da cavalli.

Raimondo di Sangro si spense il 22 marzo dell’anno successivo, per le conseguenze di una malattia dovuta ai suoi stessi preparati chimici, ma la sua memoria sempre viva lo rende a tutt’oggi figura centrale ed enigmatica.

Nazario Tartaglione

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