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I ragazzi del centro diurno di San Severo parlano d’amore al Caffè tra le Righe

“Un erede inTransigente” si intitola così lo spettacolo teatrale messo in scena al “Caffè tra le righe”, noto locale San Severese (Fg), dai ragazzi del Centro Diurno di San Severo, una struttura nata con la convenzione dell’ASL, formata da operatori qualificati che si occupano di diverse attività, tra cui laboratorio teatrale, arte e giardinaggio. Il tutto seguito e gestito dalla Dott.sa Rita Biancardino.
Il centro diurno è un centro psichiatrico che accoglie ragazzi in precedenza seguiti al CIM (centro igiene mentale), che affetti da diversi disturbi mentali quali la Schizofrenia, la depressione e bipolarismo, vengono inseriti nelle varie attività di laboratorio che create dagli operatori della struttura hanno come obiettivo il recupero psicologico ed un miglioramento dello stile di vita degli utenti, che hanno bisogno di reinserirsi nella società da “persone normali” e non come persone con problematiche irrisolvibili.
Ma perchè questo titolo? Etimologicamente parlando, il termine “intransigente” è riferito a colui che non transige, che non scende a compromessi, che non dimostra comprensione e tolleranza per chi pensa o agisce in modo diverso da quello reputato giusto, nè ammette trasgressioni o deviazioni da ciò che era stato prefissato. Da questo, la rappresentazione teatrale in uno sketch dal titolo originale e diretto, che mira ad entrare nel cuore della gente, dal sottofondo musicale della canzone dei Giganti (viva l’amor) ma la parola “amore”, la più significativa, amore per il prossimo, amore e rispetto per tutti, senza distinzioni, non esiste la normalità ove ci sono pregiudizi innati da una vita di regole imposte in una società malata, la società malata e difficoltosa che questi ragazzi hanno voluto evidenziare e manifestare attraverso la loro opera, ispirandosi a temi sociali difficili da esprimere, come la difficoltà di ammettere che ” il diverso”, non è poi tanto diverso se si ama, se si va oltre, se si abbattono le barriere ceche di una mente comandata e “ignorante”, l’ignoranza devasta la normalità, alza muri inaccessibili a chi, vuole sentirsi libero di esprimere la propria vita, la propria personalità, senza timore, senza la paura di essere giudicato, senza il terrore di ritrovarsi soli ed esclusi dalla società, solo perchè si esprime il meglio di se stessi, amando la vita, in tutte le sue sfaccettature.
Lo sketch inizia con l’entrata dei quattro personaggi, il notaio e i tre eredi. Uno di loro è un trans, in arte Filippo, il protagonista principale che cerca in tutti i modi di distogliere le menti dei due eredi, figli del compagno Frenk, dal pregiudizio del “diverso”, ovvero di vedere non affine Filippo l’erede trans, che riceve insulti e discriminazione dai due giovani eredi.
Alla fine dello sketch la colonna musicale “viva l’amor” che unisce i protagonisti e li lega ad una sola parola affine a tutti, amore. Guardano oltre, insieme a noi spettatori, oltre l’opera, concludendo e affermando che: “l’amor sia la più bella cosa che dia felicità”.

Ore 19 e 30, mi appresto ad assistere allo sketch con l’invito della mia amica Brunella, operatrice all’interno della struttura psichiatrica, che mi aspetta all’interno del locale già affollato e organizzato a perfezione per ospitare gli attori, i ragazzi del centro diurno, parenti e amici. Noto la voglia e il sorriso sui volti dei ragazzi, ansia e agitazione. Brunella me li presenta, e sono felici anche del sol fatto che io sia li come gli altri a vederli, a vederli recitare, vogliono sorprenderci, vogliono farsi sentire, vogliono esistere… L’incoraggiamento degli insegnanti, della dottoressa e del pubblico, tanto forte che loro riescono a recitare con spensieratezza e disinvoltura. A tratti imbarazzi ed emozione, ma è la cosa più bella che posso notare e sentire, la loro emozione, la gioia di parlare e di tirar fuori il loro mondo, la loro più bella espressione attraverso l’opera, con i gesti, con lo sguardo, loro ci sono, si fanno strada in mezzo a noi, recitano e ci guardano negli occhi, parlano con noi, e adoro ascoltare la loro piccola ma intensa vita, anche se solo pochi credo siano riusciti a comprenderne e ad attirare a sè i dettagli, preziosi per loro stessi, per essere orgogliosi di questi ragazzi, con belle personalità e tanta vita da vivere, e amore da consolidare. Questi ragazzi sono meno fortunati di noi, hanno vite difficili vissute, ma sanno amare più di noi… Hanno la capacità di farci sorridere, capaci di gioire, anche nelle difficoltà della vita. Essenza della nostra società. 

VIVA L’AMOR! 

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