Il futuro del nostro vino in un convegno al Teatro Verdi
Sabato 6 maggio si è tenuto un convegno, presso il foyer del Teatro Verdi, sullo “stato dell’arte” del vino a San Severo.
Molte le personalità presenti, da Stefano Zurlo inviato de “il Giornale” a Giuseppe Baldassarre rappresentante regionale dell’Ais (Associazione Italiana Sommelier), che hanno affrontato le diverse tematiche dinnanzi ad una sala gremita.
Ad introdurrre i lavori è stato il presidente de L’Antica Cantina Ciro Caliendo che ha voluto fortemente il convegno e ha parlato di un “momento di crisi per quanto riguarda le giacenze ma che l’attenzione attualmente è sulla qualità del prodotto con il Rosso, il Nero di Troia che hanno avuto importanti riconoscimenti” – sottolineando, tra l’altro – “la necessità di avere più senso di appartenenza e di voler più bene al proprio territorio, perché se si va, ad esempio, in vacanza sul Lago di Garda qui troviamo sulle tavole il vino del territorio”.
E’ seguito subito l’intervento di Stefano Zurlo che ha presenziato e moderato la tavola rotonda, nonostante i tanti impegni, abbandonatosi brevemente un po’ ai ricordi della sua infanzia, quando con il padre originario di Troia veniva in Puglia, e soffermandosi sul coraggio che questo territorio deve avere per osare: “E tornandoci più volte negli ultimi anni che mi sono ritrovato di fronte a una realtà totalmente diversa, dove c’è capacità imprenditoriale, capacità tecnica e anche capacità scientifica e dove c’è soprattutto tanta voglia di emergere e di dire che i vini locali bianchi, rossi e rosè non sono secondi a nessuno”.
Poi è stata la volta di Giuseppe Baldassare, dell’Associazione Italiana Somelier, che ha parlato de “L’Antica Cantina” come di una realtà cooperativa storica, molto interessante. “I gusti dei consumatori stanno cambiando”, ha esordito secco il nostro esperto, “in quanto si desiderano vini un po’ più agili, un po’ più eleganti nel gusto un po’ meno potenti e massicci che abbiano più equilibrio e più armonia e che siano più fortemente legati ad un territorio e ad una storia”. Baldassarre prosegue poi decantando la storia vinicola di San Severo che – come ha sottolineato – “ha una tradizione che risale all’epoca romana, che ha avuto sviluppi importanti nel medioevo e che poi nella seconda metà dell’ottocento diventa un fornitore ufficiale dell’Impero Austro-Ungarico; la realtà di San Severo è una realtà molto dinamica e a San Severo negli ultimi decenni è nato il principale polo spumantistico con metodo classico di Puglia, molto competitivo a livello nazionale e poi abbiamo varietà fantastiche come il Bombino Bianco, un vitigno cardine della realtà locale”. Poi, incalzato da Zurlo, il consigliere dell’Ais fa una importante constatazione della realtà vitivinicola sanseverese: “Fare le cose belle non basta serve anche raccontarle, altrimenti non vengono notate e ciò è un limite della realtà pugliese al quale si sta cercando di rimediare; il consumatore odierno non si limita ad assaggiare il buon vino, lo vuole mettere in collegamento con la storia, con la cultura, con il territorio e con la gastronomia”.
Interessante anche l’intervento del winemaker Claudio Gori che ha rimarcato come attualmente “manchi un pò la capacità di far conoscere questi vitigni, queste primizie e queste qualità al mondo, come è il caso del Bombino che sa di mineralità, e che i vini pugliesi, come riconosciuto poi anche da un grande esperto belga, hanno una frutta e una complessità che ricordano i grandi vitigni del Trentino e della Francia e tutto ciò lo possiamo riconoscere anche all’Uva Nera di Troia”
L’intervento del sindaco, invece, si è incentrato maggiormente sul discorso celebrativo de “L’Antica Cantina”, della cantina sociale, a novant’anni dalla sua fondazione, nel 1933: “E’ una celebrazione – dice il sindaco Miglio – perché parla della vocazione di questo territorio, parla di una tradizione antica come quella della viticoltura e della viticultura, una cultura intorno alla vite intorno a una produzione; è una cultura perchè in questo ambito, nel comparto agricolo, c’è la storia, ci sono le radici della nostra civiltà e non solo radici produttive ma vere e proprie radici culturali perché questo comparto ha instillato nelle varie generazioni determinati principi e valori come quello del lavoro, dell’attaccamento alla propria terra, alle proprie origini e al sacrificio e ciò ha permesso loro di capire che quello era il volano del territorio e il motore della nostra economia, per questo è giusto parlare di viticultura perché accanto alla produzione agricola si è raccontato, si è snocciolato nel tempo la cultura del nostro territorio ” .
Un approccio commerciale alla discussione è stato, infine, fornito dal professor Stasi dell’Università di Foggia che ha voluto sottolineare la necessità di affrontare la problematica della commercializzazione con diverse strategie: “Mentre nel Novanta sono state finanziate delle politiche di distretti di qualità che davano valore al know-how, cioè alle competenze e alle conoscenze del territorio che unite riuscivano a mettere insieme in uno spazio geografico limitato delle competenze per portare il prodotto di elevata qualità, ora la mentalità si deve spostare dal concetto di distretti di qualità per lo sviluppo territoriale ai distretti di commercializzazione e per fare questo bisogna avere consapevolezza dei mercati, dove l’obiettivo della cooperazione territoriale dovrebbe essere quello commerciale piuttosto che della qualità parametrica (degli esperti)”. E poi conclude soffermandosi sull’importanza di saper guardare anche alle nuove generazioni: “Sul mercato si parla sempre più di qualità percepita, di qualità sensoriale, si parla di neuromarketing e di emozioni che vengono generate per arrivare all’acquisto, per fare ciò noi dobbiamo guardare alle esigenze dei millennial cioè di quelle persone nate dal 1981 al 2000 e a cosa li spinge al consumo perché solo ora sono entrati nel mercato del lavoro ma fra dieci anni avranno una capacità di acquisto molto più elevata, quindi per arrivare al posizionamento del vino sul mercato bisogna opportunamente scegliere la fascia di prezzo di appartenenza e in seguito sapersi orientare verso i mercati più adatti a quella fascia di prezzo”.