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Il maestro Michele Monaco e la “buona scuola” sanseverese che può arginare la dispersione scolastica e i bulli. Un cammino nelle vie cittadine quale “aula magna” del sapere.

Bande di teppistelli in giro per San Severo la mattina, mentre dovrebbero esser a scuola: chi vigila? Chi controlla che vengano eseguiti i dettati normativi sulla frequenza della cosiddetta: scuola dell’obbligo? Esiste un osservatorio cittadino sulla dispersione scolastica? Ma per il maestro in quiescenza, Michele Monaco, che ama ancora la sua “missione” e la sua “Città dei campanili”, a San Severo esiste una “buona scuola”, al di là dei paradigmi e sempre in attesa che vengano date risposte ai tanti quesiti. Un concetto di “buona scuola” che si evince soprattutto in quella primaria e in alcuni casi, in quella secondaria di primo grado: “Saranno loro, gli insegnanti, a costruire un circolo virtuoso tra gli adolescenti sanseveresi e la propria città? – si chiede il maestro Monaco, che sembra uscire dal libro ‘Cuore’ di Edmondo de Amicis – Saranno loro a impedire che cresca il numero di tanti minori allo sbando che imperversano per la città senza che abbiano terminato la scuola dell’obbligo? I fatti dicono di sì.Vi sono numerosiinsegnantiche guidano i propri alunni soprattutto nel centro storico di San Severo, per farne sempre più una mappa didattica ed educativa volta a una ricerca identitaria della propria città. Scolaresche d’istituti (quasi) di ogni ordine e gradosi riversano, in numero sempre crescente, tra i meandri del centro storico. Le uscite didattiche, le visite guidate,hanno come obiettivo itinerari di natura culturale, storica, eno-gastronomica e di arte religiosa comei palazzi settecenteschi,il barocco, il romanico–pugliese, i monumenti del ‘900, i personaggi della toponomastica, le targhe marmoree, le chiese, le edicole votive, le botteghe artigianali, librerie, laboratori e rivenditori enogastronomici, ecc.. Senza dimenticare le numerose visite istituzionali al M.A.T. alla biblioteca e alla Galleria comunale ‘Schingo’. Le scuole del nostro territorio vanno alla riscoperta della storia locale, della storia patria, per trasmettere ai giovani la conoscenza e il rispetto dei beni culturali, dei saperie dei sapori”. Le altre considerazioni importanti di colui che è stato anche assessore alla Cultura e Pubblica Istruzione con la giunta del sindaco, Michele Santarelli: “Questo metodo di offerta formativa. Se praticato da tutta la scuola locale, comprese le superiori – continua Monaco– potrebbe essere l’antidoto contro le forme di ‘bullismo vandalico’, anticamera della delinquenza minorile, perché più si conosce e si ama la propria città, più si avranno motivi per difenderla. Si spera di combattere,così, il gravissimo fenomeno di estraneità di tanti adolescenti,suscitando in loro il senso di appartenenzaad una comunità. Diffondere nei ragazzi, quindi, la convinzione che la città va curata conservando anche la memoria dei luoghi. La cura e la memoria dei luoghi per prevenire il vandalismo e il bullismo urbano”. Le conclusioni del maestro Monaco: “Gli insegnanti ci stanno provando e in loro onore vorrei citare lo psicanalistaMassimo Recalcatiil quale sostiene che: ‘Oggi il mestiere dell’insegnante è diventato un lavoro di frontiera: devono supplire a famiglie che hanno abdicato al proprio ruolo,devono rompere la tendenza all’ isolamento inebetito di molti ragazzi sedotti dal mondo degli oggetti tecnologici, dalla televisione, dal web, dai rapporti virtuali nei social.Tanti insegnanti continuano a pensare chela scuola non è un luogo burocratico ma deve essere fatta di ore di lezione frontali che sono avventure, esperienze emotive profonde’.Tutto questo sta arricchendo il sistema scolastico sanseverese.Secondo me sarebbe opportuno che la stampa apra delle ‘finestre scolastiche’,dando più spazio al mondo della scuola sanseverese e non solo. Spazio nel quale i protagonisti dovrebbero essere le scolaresche e gli insegnanti”.L’aula magna della didattica all’aperto, può essere una soluzione. Mentre la comunità si chiude e, con essa, fatto ancora più deplorevole, le istituzioni: nessuna esclusa. Tutto diventa autoreferenziato e sostenuto da un “io” urlato. Non c’è la volontà di usare il “noi” e di anteporre, a livello dell’istituzione e di chi la rappresenta, l’interesse collettivo a quello personale. Non è sempre, così, grazie a Dio.

Beniamino PASCALE

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