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Io, insegnante di lettere faccio il mestiere più bello del mondo: pagina di diario della vita di Carmen Tusino docente e neo-mamma

di Rosaria D'Errico

“Credo che ci sia un gran pregiudizio nei confronti dei lavoratori della scuola : ‘se ne stanno a casa’, i ‘soliti lavativi’, questi dicono di noi. Ma non è così non si dice che il nostro mestiere è fatto di relazioni, di comunicazione e quindi per il corpo docente tutto non è stato e non è affatto semplice e comodo come sembra. Molti insegnanti non erano preparati a modificare così, improvvisamente la pratica didattica e tanti gli sforzi per adeguarsi che sono stati compiuti per il bene dei ragazzi”– quanto dichiara Carmen Tusino, docente di materie letterarie presso l’ istituto Fiani- Leccisotti di Torremaggiore-.
“I dirigenti scolastici – continua la docente-mamma- sono stati catapultati in una baraonda senza precedenti, costretti ad inseguire decreti che si contraddicevano l’uno con l’altro e a preparare improvvisamente tutti i lavoratori della scuola per affrontare al meglio l’epidemia, cercando di tenere in piedi il servizio per non creare un vuoto formativo troppo importante”
Di seguito un suo scritto che traduce il suo senso di responsabilità e attaccamento ai suoi allievi e l’amore per il suo lavoro

Stamattina, 3 febbraio 2021, mi sono alzata prestissimo, come sempre da quando, tre mesi fa, sono diventata mamma…il mio pensiero, sistemato il piccolo nel suo dondolo dopo la pappa, è andato alla scuola, ai miei alunni, ai miei colleghi…
Mi mancano tutti, ma sono contenta di non dovermi mettere in macchina per raggiungerli e non soltanto perché devo accudire il mio bimbo, non solo per questo.

Sono sollevata al pensiero di non dover affrontare il marasma di questi giorni, la confusione e la costernazione che la pandemia ha creato, rovesciando stili di vita, alterando consuetudini, imbruttendo, è inutile nasconderlo, quel meraviglioso mestiere che è l’insegnamento.

Sì, certo, mi si dirà che la didattica a distanza in molte parti del mondo è una realtà consolidata, che rispetto ad altre categorie di lavoratori la mia non ha subito conseguenze così catastrofiche, che piano piano si ritornerà alla routine….tutto vero, come no, eppure non posso fare a meno di pensare a come lo scambio osmotico tra studenti e docenti, per essere efficace, si nutra prima di tutto di empatia, di contatto, dell’intensità degli sguardi che uno schermo no, proprio non fa passare. Ma sì, in fondo si tratta di un periodo, passerà e tutto (o quasi) tornerà come prima…
Del resto i miei colleghi tra scoramento e nostalgia il loro mestiere lo fanno, ma per qualcuno non è la stessa cosa. Su questo qualcuno, mi riferisco ai Dirigenti Scolastici, la pandemia si è abbattuta con una virulenza sconcertante, tanto, immagino, da rivoluzionare completamente la propria attività quotidiana.

“All’improvviso i Dirigenti di tutte le nostre scuole si sono trasformati in supereroi dai mille poteri e dalle mille professionalità: ingegneri, esperti della sicurezza, specialisti nell’igiene, tecnici informatici alle prese con la DAD e con un’infinità di riunioni in remoto, persino psicologi addestrati ad alleviare le inquietudini di studenti, docenti e genitori”

Mi metto per un momento nei panni del mio “capo” e mi vedo anche stamattina, come ogni giorno da un anno a questa parte, a districarmi tra emergenze sanitarie, DPCM che fanno a pugni con le misure dei governatori regionali, persino una crisi di governo, gironzolando tra banchi con le rotelle con il metro tra le mani, subissata da domande a cui, non per colpa mia, non potrò rispondere: “Quando finirà?” – “Rientreremo in presenza al 50% o resteremo a casa?”.
Non mi fermo un momento, vorrei occuparmi di didattica, valutazione, guardare negli occhi i miei docenti e soprattutto i miei studenti e invece devo cercare soluzioni, motivare gli altri, progettare iniziative in questa tempesta…
No, la trasmigrazione nel corpo altrui finisce qui…troppo difficile compenetrarsi, troppo complesso persino immaginare.
Preferisco pensare a cosa potrei fare per essere d’aiuto al “mio” Preside se fossi là, non molto forse, ma sarebbe pur sempre qualcosa.
Come docente potrei collaborare il più possibile, non lamentandomi delle circostanze, sostenendolo nella progettazione  di questa nuova didattica, accogliendo il suo invito a non caricare eccessivamente – e inutilmente – i ragazzi, coadiuvandolo in un progetto di formazione che aiuti i docenti ad affrontare meglio la situazione.

“Potrei farlo, come fanno molti dei miei colleghi, anzi lo farò…non sarà molto ma servirà a fare comunità, a trovare un senso a questa insensatezza e magari, chissà, a ritrovare l’entusiasmo per il mestiere più bello del mondo”

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