La “Lotta dei bottoni” a San Severo: salvare i ragazzi da abbandono scolastico e microcriminalità

L’intreccio tra abbandono scolastico e criminalità minorile, doloroso segno del nostro tempo, evoca scenari che ben conosciamo nella letteratura. Come racconta Ferenc Molnár nel romanzo “I ragazzi della via Pál”, i giovani, lasciati senza guide, si organizzano da soli, spesso in lotte che trasformano il quartiere in una zona di tensione e di rivalità.
Allo stesso modo, San Severo si ritrova a confrontarsi con un fenomeno che porta i ragazzi a trovare in altri spazi, a volte legati alla devianza, quel senso di appartenenza che la scuola e la società faticano a fornire. Secondo il Ministero dell’istruzione e del merito, San Severo si colloca tra le aree di esclusione sociale più critiche d’Italia, con un alto tasso di dispersione scolastica e una preoccupante povertà educativa. In pratica, in una terra dove molti giovani lasciano la scuola precocemente, le diseguaglianze si trasformano in barriere insuperabili per una parte consistente della popolazione minorile.
A San Severo, i progetti educativi rappresentano una risposta concreta al problema. Tra questi spicca il progetto “D.I.S.E.L.” (Dispersione scolastica, disagi minorili ed educazione alla legalità), un’iniziativa volta a formare insegnanti e operatori sociali per affrontare con strumenti adeguati il fenomeno dell’abbandono scolastico e promuovere una cultura della legalità. Un altro importante progetto, “Quando la strada non c’è inventala”, lanciato nel 2024, ha coinvolto 150 minori e le loro famiglie, focalizzandosi su supporto educativo, orientamento al lavoro e rafforzamento del legame familiare, con un approccio comunitario innovativo.
Tuttavia, come i ragazzi della via Pál, i giovani di San Severo sono spesso vittime di un ambiente che li costringe a farsi carico di conflitti più grandi di loro. Ciò nonostante, a differenza del romanzo, in cui la guerra tra bande conserva una sua ingenuità, qui il dramma si fa più concreto, con frequenti episodi di microcriminalità e violenza. Spesso, infatti, molti adolescenti si trovano ad affrontare un futuro incerto e finiscono intrappolati in circuiti di illegalità. La scuola, così spesso descritta in letteratura come una “via di salvezza” o come punto di aggregazione (come il terreno della contesa nei Ragazzi della via Pál), perde qui il suo ruolo centrale.
Troppi giovani, senza alternative educative solide, rischiano di emulare comportamenti delinquenziali presenti sul territorio. L’eredità lasciata dal romanzo di Molnár può guidarci nell’immaginare un futuro diverso per San Severo. Infatti, il sacrificio finale di Nemecsek, emblema di valori puri e genuini, insegna che è possibile lottare per un ideale di comunità solidale.
Perciò anche San Severo deve riscoprire l’importanza di mettere al centro i suoi giovani. Progetti come “D.I.S.E.L.” e “Quando la strada non c’è inventala” vanno incoraggiati e ampliati, coinvolgendo tutti gli attori locali, dalle istituzioni alle famiglie. Inoltre, è necessario offrire ai giovani non solo alternative educative, ma anche opportunità di socializzazione in spazi protetti, come centri sportivi, artistici e culturali, che possano ridare un senso di appartenenza positivo e costruttivo.
Come ci insegna Molnár, un quartiere o una città non sono solo luoghi fisici: sono ecosistemi umani che richiedono cure, attenzione e prospettive comuni. Con interventi coordinati, secondo alcuni esperti del settore, San Severo può sperare di trasformarsi da terreno di lotta a terreno di crescita, formando cittadini consapevoli e pronti a costruire un futuro migliore per loro e per i propri cari.
