Comunicati

La San Severo che manca.

La mia città, è come una medaglia spezzata. C’è una San Severo che si vede, grigia e di cemento, cemento che ogni giorno avanza di più, togliendo aria, togliendo luce, una San Severo che inciampa sulle sue stesse strade, ormai neanche più definibili tali, una

 

San Severo murata nei soliti luoghi comuni e da essi ferita, una città in ginocchio che è difficile, ma non del tutto impossibile, immaginare di nuovo in piedi. Questa è una città di case, di persone, di macchine, di vita frenetica consumata, quasi come in una gara di velocità, così in contrasto con ciò che ci si aspetterebbe da una cittadina del Sud, così in contrasto con i tempi lenti della San Severo di ieri, ma non è di questa metà, peraltro sotto gli occhi di tutti, ciò di cui voglio parlare.

No io voglio parlare della San Severo che manca.

Esattamente l’altra metà, quella da contrapporre al cemento e all’indifferenza, quella San Severo che non può rimanere prigioniera delle accezioni negative, quella San Severo di cui andare orgogliosi, quella parte di città che purtroppo si è persa. Oggi la mia città, lo dico a malincuore, ha perso la propensione al miglioramento, e alla lotta, perché sempre più persone sono costrette ad arrendersi, sempre più giovani sono costretti ad allontanarsi, e quello che resta è una città di persone, ma priva di cittadini orgogliosi di essere tali. È una città in cui i nomi di spicco, soprattutto nella cultura, sono sempre i soliti e ogni anno che passa, relegati sempre più al passato, perché oggi come oggi è difficile emergere se si è giovani, e lo è tanto più nel mondo culturale. San Severo sta perdendo la sua anima, perché l’anima di una città sono i giovani, i giovani attivi che si ingegnano ed industriano per dare vita a manifestazioni e progetti, ma ciò non è e non sarà mai realizzabile nella San Severo che c’è, perché una città che va di fretta e malgrado nella sua corsa inciampi in continuazione nei suoi problemi, continui indifferente a correre, non è una città in cui progettare. È una città da rivedere! Non siamo in tempi in cui è possibile fermarci, sono tempi veloci, però un conto è correre verso una meta, e un conto è correre e basta e finora San Severo ha corso, ma non è approdata da nessuna parte.

A volte immagino la città che “manca”, che poi non è vero che manca, semplicemente non si vede, perché troppo profondamente nascosta dall’altra metà quella troppo grigia, troppo problematica. La città che immagino è una città in cui progettare non è una parola aliena, ma una realtà, in cui la cultura e l’innovazione siano in mano ai giovani, una città che sia viva e che non si lasci vivere. Non una città nuova, non si può andare avanti senza radici, ma una città rinnovata, una città meno grigia, più luminosa, magari una città più verde e più strutturata, in cui tornare e non dalla quale scappare via, una città che si riprenda il suo posto, quello che le spetta, grazie alle tradizioni e che sia conosciuta per quello che ha da offrire non per la cronaca nera. Una città che dia lavoro e benessere ai suoi figli, a tutti i suoi figli e non solo ad una parte privilegiata di essi. Oggi, San Severo è una città spezzata, ma domani, è questa la mia speranza, potrebbe essere una città intera ed integra, con molto da offrire e poco da biasimare. Utopia? Forse, ma se oggi si cominciasse a cercare il progresso, quello vero, perché come diceva Manzoni, “non sempre quello che viene dopo è progresso”, domani sarebbe realtà.

Marirosa TOMASELLI

Altri articoli

Pulsante per tornare all'inizio