L’insostenibile leggerezza dell’essere cittadino-elettore

Le statistiche negli ultimi anni fotografano sempre più, rispetto al passato, un disinnamoramento dei cittadini alla vita pubblica. La distanza con le istituzioni finisce per rendere l’astensionismo il primo vero partito in ogni consultazione elettorale. Le ultime elezioni amministrative che hanno consentito la rielezione del sindaco Francesco Miglio hanno fatto registrare un’ affluenza di elettori al primo turno pari al 64,14% degli aventi diritto al voto, mentre al ballottaggio solo il 42,84 degli elettori si è recato alle urne.
Nel vuoto di una partecipazione politica incanalata una volta dai partiti, quello che si registra spesso è la scelta di leadership cosiddette “tecniche”, cioè un professionista o imprenditore di cui i partiti si servono per dare vigore alla propria immagine elettorale.
Nella sua etimologia più antica πολιτική (τέχνη) la politica è intesa come “la scienza e l’arte di governare, cioè la teoria e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica”. Pertanto sono in molti a ritenere che bisognerebbe ritornare al politico di professione poiché nelle scelte di programmazione e gestione della città, la responsabilità del “cosa fare, immaginare, programmare e realizzare” non può che appartenere alla dimensione politica.
Altrettanto importante è recuperare quel ruolo di elettore-cittadino attivo che sceglie di contare e non soltanto di essere contato. Uno slogan famoso apparentemente banale dice una grande verità:”Tu non ti interessi della politica, ma la politica si occuperà di te”.
E non basta affermare (o peggio vantarsi) “io non ho votato” per sentirsi in pace con la città, i propri figli e la qualità della vita che ci circonda. Nella Costituzione la partecipazione popolare viene intesa infatti come lo sforzo di concorrere con metodo democratico a determinare il governo e non si manifesta solo nell’atto del consenso, quindi del voto, ma si sviluppa attraverso il contributo alla formazione della volontà politica. È un processo continuo e costante. Il non voto di chi si sente fuori dal sistema, il “forgotten man”, fotografa una democrazia che, da attiva e partecipata, rischia sempre di più di diventare passiva, esclusivamente mediatica: vivida nei talk show e nelle piazze virtuali, ma cadaverica nella realtà. In questo modo si costruisce una “Democrazia subìta” dove la maggioranza relativa dei cittadini non partecipa alle scelte, ma semplicemente le subisce, o peggio se ne lamenta sui social. Un modus operandi che finisce per delegare ad altri la scelta della classe politica espressione sempre più di una piccola parte di elettori.
Di questo passo sarà sempre più grande il numero di cittadini che disertano le urne per non compiere una scelta responsabile ma per avere la possibilità di poter affermare, in caso di dissenso con le attività dell’amministrazione: ”io non li ho votati”.
