Miocarditi e pericarditi in corso d’infezione da Covid-19. Le risposte del dott. Vito Sollazzo.

Da diversi mesi si parla sempre più di una patologia che interessa il cuore: la miocardite. Si tratta di un’infiammazione del tessuto muscolare del cuore (miocardio) che provoca la morte del tessuto. La miocardite può essere causata da molti disturbi, infezioni comprese, tossine, farmaci che influenzano il cuore e patologie sistemiche come la sarcoidosi. Spesso, però, la causa è sconosciuta. L’11 marzo 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato lo stato di pandemia, in relazione alla diffusione del virus SARS-CoV-2, identificato come responsabile della malattia Covid-19. Nel merito Vito Sollazzo, Direttore UOC Cardiologia UTIC degli ospedali di Cerignola e San Severo: “Se, inizialmente, Covid-19 è stata identificata soprattutto come una patologia respiratoria con quadri di gravi polmoniti interstiziali e rischio di sindrome da distress respiratorio acuto, dati emersi negli ultimi mesi hanno posto un forte accento sulla possibilità che anche un danno miocardico acuto costituisca una componente critica nello sviluppo delle complicanze gravi”. Sollazzo entra nel merito delle miocarditi e delle pericarditi: “Sono malattie infiammatorie del muscolo cardiaco e del pericardio, prevalentemente causate da infezione (presunta o accertata) di agenti virali, con un’incidenza pre pandemica di 10-20 casi su 100.000 individui che è compresa tra 11 e 146 casi su 100.000 individui nelle forme associate a SARS-CoV-2 nella popolazione generale. Un danno miocardico (incremento della troponina sierica: proteina responsabile della contrazione delle cellule miocardiche, il cui incremento è indice diretto di danno muscolare cardiaca) compatibile con queste forme è stato riscontrato in circa il 12-20% dei pazienti ospedalizzati per infezione da SARS-CoV-2 senza patologie cardiovascolari pregresse ed in circa l’1-3% dei giovani atleti guariti dall’infezione”. Lo specialista sanseverese mette in evidenza altri aspetti, come la sintomatologia: “La popolazione a maggior rischio di miocardite da SARS-CoV-2 è rappresentata da soggetti di sesso maschile adulti (>50 anni) o giovani (<16 anni). La presentazione clinica più comune, il dolore toracico e/o la dispnea con alterazioni elettrocardiografiche, incremento della troponina sierica e gradi variabili di disfunzione cardiaca. Il decorso intraospedaliero della miocardite da SARS-CoV-2 è complicato in circa il 40% dei casi da instabilità emodinamica con necessità di supporto inotropo o assistenza meccanica al circolo: paziente critico che necessita di terapia intensiva. Studi di risonanza magnetica cardiaca (RMC) in pazienti ospedalizzati per insufficienza respiratoria acuta da Covid-19 con incremento della troponina sierica, hanno dimostrato la presenza di anomalie cardiache nel 54% dei casi con differenti pattern di danno miocardico – ha precisato -. SARS-CoV-2 è stato identificato nel miocardio del 25-50% dei soggetti con infezione da Covid-19 allo studio autoptico, ma il virus è stato localizzato in sede interstiziale, nei periciti e all’interno dell’endotelio vascolare, non all’interno dei cardiomiociti. Il ruolo di numerosi farmaci antivirali, antibiotici, immunosoppressori, plasma immune e cortisonici è attualmente in corso d’indagine, ma non ci sono al momento terapie raccomandate in aggiunta a quelle consigliate nelle forme non associate a Covid-19. Pertanto, miocarditi e pericarditi da Covid-19 sono eventi significativamente più frequenti rispetto alle forme non secondarie ad infezione da SARS-CoV-2 e quelle secondarie alla vaccinazione contro il Covid-19, caratterizzate da meccanismi fisiopatologici in corso di studio, con quadri clinici a rischio intermedio-elevato caratterizzati da disfunzione cardiaca e frequente necessità di supporto emodinamico in assenza, purtroppo, di terapie specifiche raccomandate”. Nelle conclusioni, il dottor Sollazzo si sofferma su quelle da vaccino mRNA: “Le miocarditi e le pericarditi post-vaccino contro il Covid-19 sono invece eventi molto rari con un’incidenza stimata tra 0.5-1 e 2-4 casi su 100.000 individui vaccinati con una dose e due dosi, rispettivamente, ad insorgenza entro 14 giorni dalla somministrazione dei vaccini a mRNA. La finestra a maggior rischio è quella successiva alla somministrazione della seconda dose del vaccino. La giovane età (<30 anni) ed il sesso maschile sono emersi omogeneamente in tutti gli studi ‘real-world’ come fattori associati ad una maggiore incidenza di miocarditi e pericarditi post-vaccino, il cui tasso resta, comunque, significativamente inferiore a quello delle forme da infezione da SARS-CoV-2. Inoltre a differenza delle miocarditi e pericarditi da SARS-CoV-2, le forme post-vaccino sono clinicamente lievi e generalmente caratterizzate da un’evoluzione favorevole con risoluzione clinica completa”.