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Mons. Renna: “L’8 marzoUna giornata che deve far pensare e riflettere affinché non diventi una “festa di genere”.

È l’esortazione di Mons. Renna, vescovo della Diocesi, in occasione dell’8 marzo. Una giornata che deve far pensare e riflettere affinché non diventi una “festa di genere”.

Queste le parole di S.E. Mons. Lucio Angelo Renna:

Dal 1922 in molte parti del mondo l’8 marzo è un giorno dedicato alla donna. Giorno che ricorda conquiste socio-politiche, culturali ed economiche delle donne. Giorno, che sempre, ma specialmente nell’ultimo decennio

 

si tinge, non del giallo delle mimose, ma del colore rosso, ad indicare sangue di tante donne uccise nel corpo e nell’anima, vittime di violenze efferate, contro le quali è dovere di tutti ribellarsi.

L’ONU nel 1993 ha bollato ‘qualsiasi atto di violenza che comporta, o è probabile che comporti, una sofferenza fisica, sessuale o psicologica o una qualsiasi forma di sofferenza alla donna, comprese le minacce di tali violenze, forme di coercizione o forma arbitrarie di privazioni della libertà personale, sia che si verifichino nel contesto della vita privata che di quella pubblica’.

La dichiarazione dell’ONU si spinge a condannare anche ogni forma di violenza strutturale, cioè culturalmente, politicamente e socialmente favorita, identificabile con gli ostacoli creati per impedire alla donna il raggiungimento di una qualificazione professionale fuori casa e relegarla, così, al servizio, 24 ore su 24, della propria famiglia.

Alla luce di questa dichiarazione appare ovvio il ribellarsi a questo fenomeno che include il femicidio (uccisione di donne per motivazioni di genere) e il femminicidio (ogni forma di coercizione che sbriciola l’integrità della donna fisicamente, psicologicamente; e di asservimento psico-fisico della donna). Riferirsi alla casistica sembra inutile, visto che i media ne parlano continuamente. E’ utile e inquietante, invece, riferire i dati Istat (purtroppo risalente al 2006) che si riferiscono alla violenza di genere: il 31,9% delle donne fra i 16-70 anni ha subito violenze fisiche, sessuali, psicologiche nella vita. Dati, comunque e presumibilmente approssimativi perché molte donne subiscono in silenzio ogni maltrattamento che si vergognano di manifestare anche ai propri familiari.

Un’indagine appropriata sui motivi di questo fenomeno esponenzialmente crescente non esiste, o ne sono all’oscuro. Il più delle volte si parla di gelosia, di raptus, di reazione istintiva ed esasperata. La conoscenza di diversi casi efferati, perpetrati nella maniera più squallida e bestiale che si possa immaginare, mi convince sempre di più che le motivazioni su dette vanno sostituite con l’intenzionalità da parte dell’uomo e del silenzio da parte della donna.

Cosa fare? Da parte delle vittime, non tacere: al primo schiaffo parlare, al secondo denunciare! Il primo schiaffo dato con cattiveria lascia un segno sul viso della donna, ma soprattutto sul suo cuore: è una ferita che va manifestata a chi di competenza. Da parte dello Stato, si è certamente fatto un passo avanti con la legge 119 dell’ottobre 2013, che inasprisce le pene qualora il maltrattamento avviene alla presenza di un minore, o la vittima è in stato di gravidanza, ecc. Legge, inoltre, che sollecita la richiesta dell’ordine di protezione e commina l’allontanamento dall’abitazione dell’ violento

La società favorisce Centri antiviolenza, non sempre aiutati da provvidenze statali. Centri benefici che leggono in una visione molto ampia le motivazioni degli atti di violenza, senza restringerle  a patologie o problemi di coppia. Questi Centri si impegnano, nel limite del possibile, ad aiutare le donne nel riconquistare l’autostima e a raggiungere una certa autonomia dal proprio carnefice.

La festa della donna non può e non deve essere vissuta come se tutti questi episodi non si verificassero nella nostra società: diventerebbe la giornata dell’ipocrisia femminile!

Sorelle carissime, mentre vi faccio gli auguri di tutto il bene che il vostro cuore desidera, vi sprono a sentirvi unite nella lotta contro la violenza. Non tacete ma fate sentire la forza della vostra unione e solidarietà anche nel nostro territorio perché, anche tra noi, si verificano casi inquietanti di crudeltà contro alcune di voi.

Siate concordi nel pretendere, dai responsabili della collettività, che si prevengano, si giudichino e puniscano soprusi, maltrattamenti e violenze contro tutti, ma specialmente contro le fasce di persone più fragili della società, cioè i bambini, le donne e gli anziani. Pretendete tolleranza-zero nei confronti di coloro che rendono inguardabili i volti e sfilacciati gli animi delle vittime.

E mentre festeggiate meritatamente l’8 marzo, non dimenticatevi che, nello stesso momento, altre donne stanno subendo violenza o, addirittura, vengono private del bene inestimabile della vita.

Con tutto il cuore vi assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza spirituale”.

San Severo lì, 8 marzo 2014

San Giovanni di Dio

Direttore Ufficio Comunicazioni Sociali/Addetto Stampa della Diocesi

dott. Beniamino PASCALE

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