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NATALE IN PIAZZA CASTELLO

RAFFAELE è un vecchio artigiano in pensione che abita in una bella casa del centro storico di San Severo. Dalla sua finestra si scorge il campanile della Chiesa di San Giovanni in Piazza Castello ((nella foto)). L’artigiano, sprofondato su una vecchia poltrona – dopo l’abbondante pranzo di Natale, consumato con la famiglia di suo figlio – degustava un po’ di caffè appena sgorgato dalla sua inseparabile vecchia caffettiera, stava cedendo all’abituale “pennichella” che inizia con il tentennare della testa del dormiente per poi terminare in un sonno profondo. Fu svegliato bruscamente dal fracasso dei nipoti che si apprestavano ad uscire di casa per farci ritorno all’alba. “Ma questi ragazzi vanno tutti di fretta – bofonchiò RAFFAELE – non ci si può fermare un momento a parlare, a discutere. Non li vedo quasi mai, poi persino a Natale non riesco a comunicare con loro, a scambiare due chiacchiere “. Oggi è così – disse la moglie EVELINA – oggi è così in quasi tutte le famiglie. EVELINA, maestra della scuola dell’infanzia in pensione, si sedette vicino al termosifone, sospirò e continuò: “Questi ragazzi parlano poco e quando si esprimono usano un altro linguaggio. Sino agli anni ‘60, la memoria dei fatti vissuti, la comunicazione tra nonni e nipoti, tra padri e figli, costituivano un formidabile lascito generazionale. Oggi i luoghi della memoria non sono più le famiglie o la comunità del vicolo”. “EVELINA, non ti rattristare – ribattè suo marito – purtroppo il Natale non è sempre magico. Mio padre, quando ero piccolo, in queste giornate, ci raccontava di quando il nonno dovette emigrare insieme a milioni di italiani in giro per il mondo cercando quel lavoro che la propria patria non assicurava loro. In Belgio, in Francia, in Germania, negli Stati Uniti, in Argentina. Lunghi ed estenuanti viaggi in terza classe, in condizioni disumane. Piroscafi come carrette del mare, anche allora come oggi con tutto quello che accade nel Mediterraneo con i migranti”. FILIPPO raccontava e contemporaneamente guardava un vecchio quadro ingiallito dove i suoi nonni erano ritratti su di un piroscafo in partenza da Napoli per Buenos Aires. EVELINA, girando il cucchiaino nella tazzina di caffè, aggiunse: “Comunque il grande EDUARDO DE FILIPPO ci ha mostrato come la sua tragicomica “Natale in casa Cupiello” fosse un esempio di una famiglia dove proprio il Natale metteva in evidenza l’incomunicabilità, l’incomprensione tra genitori e figli. Il figlio TOMMASINO trova il suo motivo di ribellione verso l’autorità paterna con il rifiuto di ciò che il padre più ama: il presepe. Mentre la figlia NINUCCIA rivela, proprio in quei giorni di festa, il fallimento del suo matrimonio. Fin qui le amare considerazioni di EVELINA. Considerazioni che non mi impediscono DI AUGURARE A TUTTI VOI UN SERENO NATALE E UN 2025 DI PACE.

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