NATALE NEL CENTRO STORICO
di MICHELE MONACO
In questi giorni mi è capitato di ascoltare il racconto di un amico che ha raccolto le sommesse lamentele di un vecchio artigiano che abita in una modesta casa del centro storico di San Severo. Dalla sua finestra si scorge il campanile della Chiesa di San Severino. L’artigiano, dopo l’abbondante pranzo natalizio con la famiglia di suo figlio, sprofondato su una vecchia poltrona, degustava un po’ di caffè appena sgorgato dalla sua inseparabile caffettiera napoletana e stava cedendo all’abituale “pennichella” che inizia con il tentennare della testa del dormiente per poi terminare in un sonno profondo. Fu svegliato bruscamente dal fracasso dei nipoti che si apprestavano ad uscire di casa per farci ritorno all’alba del giorno dopo. “Ma questi ragazzi vanno tutti di fretta – bofonchiò il vecchio artigiano – non ci si può fermare un momento a parlare, a discutere. Non li vedo quasi mai, poi persino a Natale non riesco a comunicare con loro, a scambiare due chiacchiere “. “Oggi è così – disse la moglie EVELINA – oggi è così in quasi tutte le famiglie”. EVELINA (insegnante in pensione) si sedette vicino al termosifone, sospirò e continuò a parlare: “Queste generazioni parlano un’altra lingua, anzi, un altro linguaggio. In certe famiglie si crea solo un’apparente fusione di rapporti tra generazioni di nonni, figli e nipoti. Sino a qualche tempo fa, i racconti, la memoria dei fatti vissuti, la comunicazione tra nonni e nipoti, tra padri e figli, costituivano un formidabile lascito generazionale. Oggi, gli anziani, i pensionati, i nonni di questa epoca si trovano a fare i conti con la “trasformazione antropologica” dei nipoti. Qualcosa di simile lo si trova nella commedia di Eduardo “Napoli Milionaria”. Si sa che il protagonista, GENNARO JOVINE, durante l’occupazione tedesca, finisce in un campo di concentramento e di lui non si sa più nulla. Poi improvvisamente, nel dopoguerra, torna nella sua casa e trova la famiglia disgregata senza più valori morali. Inoltre, GENNARO, quando parla della sua terribile esperienza in guerra, non troverà nessuno che lo voglia ascoltare. Inutilmente cercherá di raccontare le tragedie di morte e distruzione di cui è stato testimone. Nessuno vuole ascoltarlo, non c’è comunicazione. Viene considerato un moralista fastidioso da chi non vuole fare i conti con la realtà. “Brava Evelina, mi sei piaciuta con l’esempio di GENNARO JOVINE – ribattè suo marito – un esempio di un capo-famiglia inascoltato e che tutti volevano “rottamare”, ma alla fine sarà lui, sì proprio lui, a prendere in mano la situazione, a ricostruire la famiglia disgregata e a darle un futuro di rinascita”.