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Obesità e diabete di tipo 2: nuove opportunità terapeutiche. Lo spiega Angelo Michele Carella, specialista in Medicina Interna

Angelo Michele Carella, specialista in Medicina Interna – all’ospedale di San Severo – presidente regionale ADI Puglia-Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica.

Il diabete mellito di tipo 2 (detto anche dell’adulto e rappresenta il 90% dei casi di diabete) è una malattia cronica caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue e dovuta a un’alterazione della quantità o del funzionamento dell’insulina. Gli italiani affetti sono circa il 5% della popolazione, cioè oltre 3 milioni di persone e di queste, i due terzi (cioè circa 2 milioni) sono obese. Questo dato è destinato a crescere se si considera che in Italia più di un terzo della popolazione adulta (35,3%) è in sovrappeso e una persona su dieci è obesa (9,8%); complessivamente, quindi, più del 45% dei soggetti di età superiore ai 18 anni. Lo spiega il medico sanseverese, Angelo Michele Carella, specialista in Medicina Interna, presidente regionale ADI Puglia-Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica: “Questi dati confermano la stretta correlazione tra l’eccesso ponderale, e l’insulino-resistenza che ne deriva, e lo sviluppo di diabete di tipo 2, al punto da indurre l’Organizzazione Mondiale della Sanità a coniare il neologismo ‘diabesità’ proprio per rimarcare la stretta associazione tra diabete di tipo 2 ed obesità. Proprio a causa di questo link eziopatogenetico, si rende necessario, nell’approccio terapeutico, attuare efficaci strategie finalizzate a ridurre o prevenire l’eccesso ponderale. Chiaramente il primo passo nella terapia è costituito da quello nutrizionale ad personam, da adeguati programmi di attività fisica aerobica e da un corretto stile di vita – ha continuato Carella – non sempre, purtroppo, questa strategia di prima linea è sufficiente a far raggiungere ai pazienti diabetici target glicemici e di emoglobina glicata adeguati ed ottimali, rendendo indispensabile ricorrere, molto spesso, la terapia farmacologica”. Recentemente ricerca scientifica e nuovi farmaci ipoglicemizzanti, hanno consentito di arricchire l’armamentario farmacologico anti-diabetico a disposizione di medici e pazienti, fornendo la possibilità di molteplici opzioni e modelli di terapia più adeguati e innovativi, che tengano conto non solo dell’eccesso ponderale ma delle frequenti comorbilità e complicanze del paziente con diabete di tipo 2. “Si è finalmente cominciato a pensare ad un approccio terapeutico olistico e personalizzato che tenga conto dei differenti profili clinici dei pazienti diabetici e delle eventuali complicanze e comorbilità, in particolare l’eccesso ponderale, lo scompenso cardiaco e la nefropatia – ha evidenziato Carella -. Ed è proprio in questa direzione che spingono le ultime e più recenti linee guida internazionali ed italiane, che di fatto hanno radicalmente sovvertito i criteri clinici da adottare per le scelte terapeutiche dei diabetici di tipo 2. Le recenti linee guida puntano molto su due nuove classi di farmaci anti-diabetici: gli Inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio (SGLT2), comunemente definiti Glifozine, e gli agonisti recettoriali dell’ormone GLP-1 (Glucagon-Like Peptide1), sinteticamente detti Incretine. Le Glifozine, somministrate per via orale, agiscono a livello renale inibendo il riassorbimento di glucosio in eccesso, che così viene eliminato con le urine. Le Incretine agiscono mimando gli effetti ipoglicemizzante e iporessizzante del GLP-1, un ormone prodotto fisiologicamente e per brevissimo tempo dall’intestino umano durante i pasti; questi farmaci, disponibili in penne pre-riempite molto semplici da usare per l’autosomministrazione, vanno somministrati per via iniettiva sottocutanea anche se non più di una volta al giorno o di una volta a settimana e, recentemente, è stato messo in commercio anche un nuovo principio attivo, la Semaglutide, somministrabile per via orale”. Queste due nuove classi di farmaci, insieme alla Metformina, costituiscono la prima scelta terapeutica per il diabete di tipo 2. “Negli ultimi anni sono stati fatti enormi progressi verso la terapia farmacologica del paziente diabetico di tipo 2, soprattutto se obeso e con complicanze o comorbilità cardiovascolari e renali – ha concluso lo specialista -. Le nuove classi di farmaci sicuramente ci consentiranno di ottimizzare gli standard di cura di questi pazienti, migliorandone la qualità di vita”.

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