S. SEVERO E I CAPORALI DI PIAZZA CASTELLO
di MICHELE MONACO
Non tutti sanno che, negli anni ‘50, piazza Castello (una piazza carica di storia e di straordinarie leggende dell’antica Grecia di Omero), nel periodo della mietitura del grano, era un dormitorio pubblico per i braccianti sanseveresi (vedi foto) e per dei braccianti provenienti da paesi di mare chiamati i “marinesi“ (vedi foto). Questi erano mietitori della provincia di Bari che insieme ai mietitori stagionali della provincia di Foggia dormivano per terra (a ridosso del Palazzo La Monaca) per trovarsi pronti all’alba a vendere la propria forza-lavoro per qualche giornata di ingaggio nelle campagne. Come venivano scelti? I caporali dei grandi proprietari terrieri ingaggiavano solo quelli dal fisico più robusto. Era un vero e proprio mercato degli schiavi in pieno centro storico e sotto gli occhi di tutti. Se riuscivano a lavorare lo dovevano fare dall’alba al tramonto e poi dovevano sperare di lavorare il giorno dopo. Il caporalato regnava indisturbato e faceva il bello e il cattivo tempo. Non credo fossero delle “dame della carità” sconosciute ai proprietari terrieri, e alle forze dell’ordine. Del resto la maxirissa (scoppiata in piazza Municipio e proseguita in tutta la città) tra i braccianti in cerca di un ingaggio, nel luglio del 1946, fu la prova più eclatante che i latifondisti puntassero a fare a meno di ogni regola d’ingaggio per puntare su dei lavoratori che si accontentavano di poco, scatenando così una guerra tra poveri. In un contesto simile, con la popolazione stremata dalla miseria, dalle malattie, dalla fame e dove si ricorreva a mille espedienti per sopravvivere, il caporalato aveva gioco facile a reclutare chiunque. Ma il primo Maggio di quell’anno si verificherà un avvenimento straordinario, irripetibile: si terrà -eccezionalmente- in piazza Carmine, una manifestazione popolare, con la presenza di ALLEGATO, CANNELONGA e RECCA. Don FELICE CANELLI celebrerà una Messa per i tanti disoccupati in cerca di lavoro. Il discorso ufficiale sarà tenuto da un giovane intellettuale di nome NINO CASIGLIO. In quei giorni difficili, una nuova classe dirigente (composta da una articolata unità delle rappresentanze religiose, politiche, sindacali e culturali) si farà carico delle terribili conseguenze del dopoguerra. ELIMINANDO QUEL MERCATO DEGLI SCHIAVI CON TUTTI I SUOI CAPORALI. Eliminando l’indegno dormitorio stagionale e integrando i numerosi esseri umani provenienti da tutta la Puglia e dintorni. I DRAMMATICI FATTI ACCADUTI, QUESTA ESTATE, SULLE STRADE E NELLE CAMPAGNE DELLA PROVINCIA DI FOGGIA CHIAMANO IN CAUSA LE FORTI RESPONSABILITÀ DELLE ISTITUZIONI E INTERROGANO LE NOSTRE COSCIENZE DI FIGLI E NIPOTI DEGLI “SCHIAVI DI PIAZZA CASTELLO”.