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SAN SEVERO : 8 settembre 1943 Un piatto di orecchiette in “Azzurro”

Testimonianze relativa al dramma dell’8 Settembre così come lo ricordo  dopo 78 anni, Alfonso Foschi sanseverese residente a Genova.

   “Avevo  8 anni e la guerra mi aveva  già reso orfano di padre, perito durante il bombardamento di Foggia del 31 maggio 1943. Poi la  resa  incondizionata, l’armistizio  e l’illusione  della  guerra  finita mentre, soprattutto nel Centro-Nord,  diventava anche fratricida.

   Eravamo una famiglia numerosa: quattro fratelli e quattro sorelle, anche se al momento non tutti presenti a casa per motivi diversi . Si abitava in via Basilicata e il  dramma dell’8 Settembre lo vivemmo, come in un film, dal balcone di casa. Spettacolo insolito, la strada era invasa da una folla disordinata di persone d’ogni età e condizione che marciava disordinatamente in direzioni diverse e ogni persona portava con sé gli  oggetti  più disparati, anche ingombranti e pesanti : i militari avevano abbandonato caserme e accampamenti e i civili li avevano saccheggiati.     

   All’epoca mancava tutto, soprattutto il cibo : un piatto di orecchiette era il sogno di tutti e si realizzava solo  a grande fatica . Mia sorella Tina, la  factotum di casa, aiutata da Romana, la sorella più piccola, lavorava fino a notte fonda per il piatto di orecchiette della domenica.

   Si partiva dal grano che occorreva macinare faticosamente con il macinino del caffè, a seguire il setaccio per separare la crusca dalla farina bianca, quindi l’impasto e infine la confezione delle orecchiette che venivano stese su una tovaglia bianca ad asciugare per il giorno dopo : un lavoro faticoso lungo ripetitivo.      

   Un giorno, probabilmente una domenica, mia madre vide degli avieri passare davanti alla finestra della nostra cucina al  pianterreno. Erano visibilmente degli sbandati in seguito al caos dell’armistizio : la loro bella  divisa azzurra in disordine e sporca, l’andatura di chi non ha una meta precisa, sul volto l’immagine della disfatta, negli occhi la nostalgia di casa e … succhiavano limoni.

   Mia madre, forse , vedendo negli occhi di quegli avieri il volto riflesso  di nostro fratello Fernando, militare a Tobruk ( truppe cammellate ! ) e di cui non avevamo da tempo notizie,  li chiamò, li fece sedere sulle scale che portavano al primo piano e li pregò di pazientare il tempo necessario per cucinare le orecchiette.

   Solo io ebbi il piacere e l’onore ( non c’erano orecchiette per tutti ) di sedere e consumare il mio piatto di orecchiette insieme agli inaspettati e graditi ospiti che, forse, più delle orecchiette, apprezzarono quelle poche ore di calda atmosfera familiare pensando alle loro famiglie lontane.

   Dopo alcuni giorni. due di loro bussarono al nostro portone, mi sentii chiamare dai miei, portavano  un dono per me : un monopattino costruito artigianalmente con materiale di fortuna, dipinto di un bell’ azzurro : il loro Azzurro.”

Alfonso Foschi da Genova

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