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San Severo: addio al centro storico. Il racconto di un ottantenne.

GIGGINO abita in via Montenero. Una stradina con delle antiche edicole votive e con tanti sottani, la maggior parte dei quali ha le scale sotto il livello della sede stradale e in quegli unici vani il sole non entra mai. Via Montenero inizia da via Daunia e si snoda dritto per dritto facendo una curva a destra e prima di terminare in Piazza Castello si passa attraverso una strada nei cui lati c’è da una parte la Piazzetta Coperta e dall’altra la Chiesa di San Giovanni. Nella sua casa a pianterreno, dove vive la sua vita da pensionato, GIGGINO conduce una esistenza autonoma da vedovo ottantenne. E’ sopravvissuto alle insidie del Covid. Con chi vive? Vive solo, non ha voluto seguire sua figlia e suo genero nell’abitazione di un anonimo condominio su via Fortore. Era un artigiano molto apprezzato. Aveva cominciato nel dopoguerra a costruire botti di legno pregiato per la conservazione del vino nelle cantine di abitazioni settecentesche, aveva continuato a costruire mobili su misura e con il restaurare perfino mobili antichi. E’ contento di non aver mai lasciato il suo sottano, né il centro storico dove è nato e cresciuto. <<Vedete – dice – non voglio fare la fine di quei pensionati che si aggirano come fantasmi nei centri commerciali per trascorrere la giornata al caldo o al fresco dei condizionatori d’aria. Resisto nel nostro centro storico dove – però – non si può più vivere. Ho assistito alla chiusura delle botteghe artigianali, lo stagnaro, il falegname, il ciabattino, l’orologiaio, il fornaio, il fruttivendolo…che peccato! Sono spariti negozi e tutte le loro insegne che illuminavano via Daunia, via Soccorso, Piazza della Repubblica, via Recca, Piazza Castello. E intanto hanno aperto centri commerciali come il Pianeta, la Despar, il Tigre, il Decò, l’M.D., il Lidl, l’Euro Spin…e via dicendo. Hanno tagliato e sciupato alberi secolari; una strage! Ma non è finita: se un negozio di fornaio o quello di fruttivendolo vengono sostituiti con delle sale-scommesse, con locali pieni di macchinette-mangiasoldi, allora lo sai quanti si mettono a scommettere dalla mattina alla sera? Tutti malati di gioco a perdere. Vorrei soprattutto far notare che per tanti anziani il fornaio, il fruttivendolo, l’alimentare, erano anche importanti luoghi per parlare tra di noi e la gente del quartiere. GIGGINO, pensionato solitario, entra in scena nelle sere d’estate. Sempre lo stesso rituale: dopo aver consumato una cena frugale, fuma un mezzo sigaro sull’uscio di casa. Di colpo, attorno a lui, si forma un semicerchio di persone che abitano nella stessa strada e tutti si portano dietro una sedia. Alcuni cascano dal sonno, ma sono curiosi di ascoltare – tutte le sere – storie di vita di GIGGINO. <<Mio padre come milioni di italiani è andato in giro per il mondo cercando quel futuro che la propria patria non gli assicurava. In Belgio, in Francia, in Germania, in Svizzera, negli Stati Uniti, in Argentina, in Uruguay, in Brasile, in Australia, in Venezuela, di italiani ce ne sono arrivati a carrettate. Lunghi viaggi in terza classe. GIGGINO racconta e contemporaneamente guarda un vecchio quadro ingiallito dove i suoi genitori erano ritratti sul ponte di una nave. Con la voce rotta dall’emozione saluta il suo piccolo “pubblico”: <<Ora si è fatto tardi e dobbiamo andare a dormire. Buona notte a tutti quanti e, a Dio piacendo, ci vediamo domani>>.

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