SAN SEVERO-AUSCHWITZ

Nella settimana dedicata alla commemorazione della Giornata della Memoria mi è stato chiesto da alcune scuole di San Severo da quale fonte era scaturita la notizia che il lager di “AUSCHWITZ” sia stato fotografato e sviluppato in un laboratorio anglo-americano allestito presso una scuola di San Severo. Al Castello Svevo di Bari alcuni anni fa fu allestita una mostra intitolata “CON LO SGUARDO DI ICARO”. Furono mostrate eccezionali immagini provenienti da foto-aeree della Puglia eseguite, durante il secondo conflitto mondiale, dall’Aereonautica Militare statunitense, britannica e tedesca (RAF, USAF e LUFTWAFFE). Tra queste tante immagini vi sono numerose testimonianze dell’aeroporto militare di San Severo e tra le tante foto cosa si scopre? Il giornalista MICHELE GUALANO sulla rivista SUD-EST, in un articolo intitolato ”Questionario per il destino, riferisce quanto segue: <<Nella primavera del 1944, l’ordine di servizio diramato dal Comandante del 60° Squadrone di ricognizione fotografica della SOUTH AFRICAN AIR FORCE (collocato nell’aeroporto di San Severo a Torre dei Giunchi) è chiaro: la missione di quel giorno prevedeva un lungo volo da San Severo fino ai cieli della Polonia meridionale per fotografare con la massima precisione possibile la grande fabbrica tedesca I.G. FARBEN di MONOWITZ. Salgono sull’aereo il giovane pilota CHARLES BARRY (vedi foto) da Johannesburg in coppia con il navigatore IAN McINTYRE (vedi foto) di Città del Capo. Devono raggiungere il sito militare dei nazisti e fotografarlo. L’aereo non ha armamenti ma monta potentissime attrezzature fotografiche. Il ricognitore chiamato “Mosquito” ha sulla carlinga lo stemma del 60° squadrone britannico della S.A.A.F. e, bene in evidenza sulla carlinga, il motto “ACCIPIMUS ET DAMUS”. Si stacca dalla pista di San Severo in tarda mattinata. Un volo solitario, senza scorta. E dopo qualche ora BARRY E McINTYRE sono sull’obiettivo, sulla “verticale” della fabbrica I.G. FARBER di Monowitz. Scriverà CHARLES BARRY nel 1989, quarantacinque anni dopo: “Se mi ricordo bene, io e IAN ci avvicinammo all’obiettivo da fotografare volando da ovest verso est. Dovevamo fare in fretta poiché il nostro aereo di ricognizione era disarmato e correva il serio rischio di essere intercettato dal nemico. Volevamo essere sicuri che le macchine fotografiche coprissero la zona. Questo ci consentì di riprendere particolari di un campo di concentramento che in seguito sarebbe stato identificato come AUSCHWITZ”. Tutto ciò sarà confermato dallo storico MARTIN GILBERT nel suo libro “La grande storia della Seconda Guerra Mondiale” dove scrive che proprio in una di queste numerose foto-aeree sviluppate a San Severo FU SCOPERTA – per caso – L’ESISTENZA DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI AUSCHWITZ. LE FOTO DEL LAGER NAZISTA FURONO SVILUPPATE NEL LABORATORIO FOTOGRAFICO SITUATO AL PIANO TERRA DELL’EDIFICIO “E. DE AMICIS”, UNO DEI LABORATORI ANGLO-AMERICANI CON CINQUANTA TECNICI CHE OPERAVANO IN TUTTO IL MEDITERRANEO.