SPIETATE RIFLESSIONI SU VENT’ANNI DI POLITIC(HICCHI)A LOCALE

di ANTONIO G. DEL VECCHIO, GIA’ ASSESSORE COMUNALE BILANCIO-TRIBUTI-CONTENZIOSO
Una sera d’agosto, ONORATO TIMIO si stava recando col suo figliuolo decenne a sbrigare commissioni. Ad un certo punto gli si fermò accanto un’auto nera, dalla quale giunse una voce: “Ecco, devi fare il papà, non la politica, che non è per te”. ONORATO volse lo sguardo, e nel nero dell’auto riconobbe una figura ancor più nera, quella dell’anziano CURELIO POLITICANTE. “Hai ragione” fu la risposta laconica di ONORATO, che non si meravigliò minimamente di quella frase buttata lì a bruciapelo come una fucilata, nonostante da oltre un anno CURELIO POLITICANTE cambiasse strada quando lo vedeva, per non salutarlo. Il bello fu che quella frase, lungi dal provocare una ferita come era nelle intenzioni dell’autore, in un milionesimo di secondo illuminò la mente di ONORATO, che iniziò a ricordare…
E ricordò di quando era studente universitario, e sognava LA SUA TERRA ricca di attività e lavoro per tutti. Di quando aveva annusato l’inchiostro fresco del suo primo libro, e della speranza che potesse essere utile a far crescere la sua città. Di quando, dopo essere diventato professore nella scuola, decise di dedicarsi alla Politica, per essere utile alla comunità. Rammentò di quando era assessore comunale, e i suoi “amici” (!) si incazzavano con lui perché “faceva troppo bene l’assessore”, mentre avrebbe dovuto “fare come gli altri”. In compenso, tanti cittadini gli dicevano: “Ce ne vorrebbero cento come te”. Di quella volta che, sempre da assessore, aveva “fatto un cazziatone” agli impiegati di un settore di sua competenza, perché lavoravano poco, ma “l’establishment” gli aveva dato torto. E ricordò ancora delle scatole che rompeva in Consiglio, in Giunta e dappertutto, sulla questione morale, sui troppi sprechi di denaro pubblico, e altre QUISQUILIE del genere, fin quando il sistema non ne potette più e fu cacciato via tra l’indifferenza quasi generale, anche se un giornale locale osò titolare che era stato “ESONERATO PER TROPPA ONESTÀ”.
E poi ancora gli venne in mente di quelli che si dichiaravano suoi amici, anzi di più, “fratelli” (GIGGINO da lassù ci guarda), e avevano tramato alle sue spalle in segrete riunioni. E ancora, pensò a quei cittadini che lo osannavano lodando la sua onestà, ma che quando si trovarono nel segreto dell’urna elettorale continuarono a votare la razza dei POLITICANTE perché…SAPPIAMO TUTTI PERCHÈ! E infine ebbe definitiva coscienza della sua attuale “rottura di scatole”, causata dal fatto che i cittadini perbene non andassero a votare nonostante le continue lamentele, e che questo favorisse la razza dei POLITICANTE con le sue clientele e che LA GENTE, in fondo, meritasse coloro che VENIVANO ELETTI, e che di volta in volta si erano fregiati di vari e fantasiosi appellativi, inneggianti alla novità, alla comunità e ad altre amenità.
Egli era un professionista stimato e ricercato nel suo lavoro, e davvero un padre orgoglioso e felice dei suoi figli, cresciuti insieme con sua moglie nei valori dell’educazione e del rispetto. Era sicuro che, come aveva fatto lui, essi avrebbero trovato la loro strada, senza bisogno di lambir con lingua orifizi infranaticali altrui.
E pensò che se la comunità in cui viveva era di molto regredita nell’economia e nella società, negli ultimi venti anni, se non vi era stata capacità progettuale che andasse oltre i limiti dell’ordinaria amministrazione, non era certo colpa sua, e fu contento di aver deciso di uscire definitivamente dalla POLITICHICCHIA DEL PAESE, e che CURELIO POLITICANTE, i cittadini che votavano SOLO PER INTERESSE PERSONALE e quelli che proprio NON ANDAVANO A VOTARE “perché, tanto, sono tutti uguali”, potevano prendersi tutti a braccetto ed andarsene serenamente affan…
A quel punto sentì una voce: “Papà, non si dicono le parolacce”. “Hai ragione figlio mio. Fra poco ricomincia la scuola, e ci sarà molto da lavorare per te e per me. Godiamoci questi ultimi giorni di vacanza. Vieni, che ti compro un bel gelato”.
