SULLE TRACCE DI ANDREA PAZIENZA
Sarà passato circa un mese da quel mattino di ottobre in cui sono stata contattata al telefono dalla voce timida e un po’ dimessa di un gentile sconosciuto.
Marco Cantini, giovane architetto toscano, al telefono mi spiega di coltivare una grande passione per la musica e di essere un cantautore, ma quando, con chiara emozione, mi rivela il suo interesse
per Andrea Pazienza, solo allora inizio a capire.
Marco è uno dei tanti, che dopo aver “incontrato” Andrea è rimasto folgorato dal suo genio, dalla vivacità del suo estro e dal suo irresistibile modo di fare di ogni occasione della vita un eccesso.
Mi confida di avere un progetto, di sentirsi ispirato. Il suo sogno è quello di conoscere San Severo, entrare nella casa di Pazienza e incontrare sua madre.
No, Marco non è uno dei tanti, altrimenti non lo avrei assecondato in questo suo desiderio prima di ricevere l’approvazione della professoressa Giuliana Di Cretico, la mamma di Andrea.
Eppure, con un pizzico di incoscienza, sono diventata immediatamente sua complice.
Marco è della mia generazione. Anche noi amiamo Paz e sentiamo il bisogno di manifestargli tutto il nostro affetto. Per la sua avanzata sensibilità di artista, Pazienza è stato spesso addirittura profetico e riscontro anche nei più giovani la sua sorprendente attualità.
Intanto, come avevo previsto, Giuliana decide di spalancare ancora una volta la sua porta ai giovani e Marco, che non sta più nella pelle, il 2 novembre parte da Firenze per realizzare il suo sogno. Senza mai esserci incontrati prima, ci diamo appuntamento davanti al portone di Andrea. La fisicità di Marco mi fa pensare subito a Paz, ma poi mi convinco di essermi autosuggestionata. Con noi c’è anche una combriccola di aficionados; ci scambiamo appena qualche parola prima di salire a sconvolgere il pomeriggio della sempre ospitale padrona di casa.
Giuliana ci accoglie con un sorriso materno, ci fa accomodare e con garbo comincia ad afferrare con lo sguardo chissà dove i ricordi. L’atmosfera si fa subito rarefatta .
Ci parla con soddisfazione di TIFERNO COMICS che ha dedicato l’annuale kermesse nazionale del fumetto di Città di Castello ad Andrea Pazienza con una mostra dal titolo “PAZ ART. L’arte di Andrea Pazienza”.
Anche Marco ne è entusiasta e riconosce subito il catalogo della mostra poggiato sul tavolino. A turno iniziamo a sfogliare il quadernetto nero centellinando pagina dopo pagina, infine gli chiedo di parlarci di lui e di illustrarci il suo ambizioso progetto.
“Tutto è cominciato -racconta- circa dieci anni fa con la lettura di Penthotal. Mi sembrava incredibile che l’autore potesse avere solo ventun anni, così ho cominciato a leggere le sue storie, ho letto alcune biografie ed ho scoperto in Andrea Pazienza, non un disegnatore da relegare ad un genere di nicchia come il fumetto, bensì un artista completo, padrone di sé stesso anche in campo letterario, cinematografico e musicale.
Sono originario di Pontassieve –continua- e mi sono laureato in architettura a Firenze. Ho trentasette anni, ho uno studio tecnico ma attualmente sto anche lavorando come cantautore alla produzione di un concept album in cui tutte le canzoni ruotano intorno alla storia di un immaginario professore precario che, dopo essersi addormentato, sogna di vivere nella Bologna del 1977. Negli anni della contestazione giovanile, ho immaginato l’incontro tra il mio personaggio e artisti esordienti del calibro di Andrea Pazienza, Pier Vittorio Tondelli e Federico Fellini”.
Ci fa ascoltare una traccia dal demo, probabilmente si tratta del pezzo più significativo per lui. Il brano è molto interessante e la voce sicura e profonda del cantautore sembra non avere nulla a che fare col tizio modesto della telefonata di un mese fa.
Capisco subito che questo è un incontro importante, che Marco Cantini ha davvero talento e che ha in mente un bel progetto.
Mentre mi accingo a riascoltare la traccia, mi accorgo che tra Giuliana e Marco c’è vicinanza, c’è feeling, e quando Giuliana gli dice che gli ricorda suo figlio, anch’io ho la conferma che la mia non era pura autosuggestione.
Giuliana si lascia andare in una conversazione che si fa sempre più intima e tra i due si crea un momento esclusivo, magico.
Marco si commuove, ma non le toglie gli occhi di dosso, non vuole perdersi nulla; ogni aneddoto è per lui una grande rivelazione, un’occasione irripetibile.
La combriccola è lontana da quell’affinità; uno scambio così confidenziale ci impone rispetto e distanza. Riconosciamo l’ora di andar via dall’abbraccio che da tenero si fa più solenne, come un saluto.
Spero che Marco Cantini abbia trovato a San Severo quello che stava cercando e da qui voglio augurargli un buon lavoro.
STEFANIA POVEROMO