Una strada in memoria del MARESCIALLO MAGGIORE VITO PAPA DECEDUTO NEL 1963 NEL VAJONT

IL MARESCIALLO MAGGIORE VITO PAPA
Fu vittima eroica del dovere. Nato a San severo (il padre ferroviere prestava servizio presso la stazione del centro dell’Alto Tavoliere), appena ventenne fu ammesso alla Scuola Centrale di Firenze dei Carabinieri. Giunto a Longarone, in provincia di Belluno, con la consorte Ida Malench, 43 anni e la figlia Rosalba di 15, divenne Comandante della Stazione dei Carabinieri. La sera del 9 ottobre del 1963, fu travolto assieme alla famiglia nel tremendo disastro ambientale e soprattutto umano, verificatosi nel neo bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont, dovuto alla caduta di una frana del soprastante pendio del monte Tok, nelle acque dell’omonima diga. La tracimazione dell’acqua, coinvolse con effetti devastanti i paesi vicino alla riva della diga, prima Erto e Casso poi l’onda generata inondò Longarone, provocando la morte di 1917 persone. La velocità del materiale riempì l’invaso per una lunghezza di un chilometro ed 800 metri ed un’altezza di 152 metri sopra il livello idrico. I carabinieri furono in prima linea nei soccorsi, ma altri ne morirono insieme al Maresciallo Maggiore: il vicebrigadiere Carmelo Miglietta ed il carabiniere Giovanni Myer con tutta la sua famiglia perché dal fango fu inghiottita anche la caserma dell’arma. I due carabinieri Francesco D’Arrico e Rinaldo D’Aste si salvarono perché al momento della catastrofe erano in perlustrazione nella parte più alta della zona. A raccontare le paure di Papa, la figlia del Comandante della Stazione dei Carabinieri di un paese limitrofo, Rita Cannizzaro “Mio padre comandava, allora, la Stazione dei Carabinieri di Ponte nelle Alpi. Il suo territorio confinava, per un tratto, con quello di Longarone e sulla linea ferroviaria che faceva da demarcazione, a volte, in estate scoppiavano incendi che i due marescialli si palleggiavano per non avere il fastidio di fare i verbali. Pochi giorni prima del disastro, i miei genitori andarono a Longarone a salutare lui e la moglie. Mio padre ricordava di averlo trovato sul balcone della caserma intento ad osservare, con aria preoccupata, la diga che stava esattamente di fronte. “Non mi piacciono tutti i rumori, gli scricchiolii, i boati che vengono da lì; succederà qualcosa di disastroso”, disse a mio padre”. La prima vittima ad essere ritrovata fu proprio Vito Papa. Recuperate le salme di tutta la famiglia, vennero trasferiti a San Severo ed il 15 ottobre furono celebrati i funerali. Il giorno dopo i feretri furono tumulati nella cappella dei Celestini. A San Severo è a lui intitolata l’Associazione Nazionale dei Carabinieri e dopo accorate richieste, in occasione del 56° anno della sua scomparsa, con delibera di GIUNTA COMUNALE n.164 del 29/09/2019, dal 9 ottobre 2019 un nuovo tratto di strada comunale porterà il suo nome. La strada con capisaldi tra via Checchi Rispolin.87 (parallela via Carmicelli), per procedere verso nord, attraversa via Distilleria e vi Dionisio, fino a via Vendemmiali, svolta a destra lungo il fabbricato commerciale, fino ad incontrare via Ligabue. Finalmente il Maresciallo Maggiore Vito Papa avrà il suo giusto posto in una città che cambia, che cresce, che si evolve, a ricordarci non solo un carabiniere, un uomo, ma un sanseverese che è restato al suo posto nonostante la paura.
Di TERESA FRANCONE