Vanvere al setaccio
Oggi abbiamo tutti la facoltà di esprimere pubblicamente le nostre opinioni sui social.
Grande cosa è il raggiungimento di una LIBERTÀimpensabile nei tempi ANTICHI. Se non fosse però per un piccolo, grande, particolare.
Spesso, prima di cliccare su tastiere miniaturizzate, non ci si informa “BENE” su ciò che si sta per scrivere. E capita di leggere commenti di derisione impensabili.
Magari sotto semplici titoli di giornali che nominano Sezioni “DI” alcuni Distretti o Nuclei di Corpi o Forze Armate, sta chi parte a razzo irridendo e volendo precisare, in modo fuori luogo, che bisogna invece scrivere Nuclei o Distretti o Forze, non discernendo la differenza tra un soggetto ed il suo complemento di specificazione…
Pur comprendendo che certe finezze linguistiche non siano alla comune portata, si rimane basiti ed incatenati per non poter spiegare a chi…alla fine potrà o potrebbe davvero comprendere?
È comunque da ammettere che a volte i titoli di alcune notizie possono sproloquiare su un argomento, ma quando si tratta di articoli “riportati” da altre fonti già “edite”, bisognerebbe prendersi la briga di “correggere” scritti altrui, fuori da un semplice arbitrio giornalistico.Questo ovviamente in riferimento a “fonti comprovate” di stampa; diversamente quando trattasi di “notizie farlocche” che popolano il web, cosa che un giornale serio però non pubblica.
Ed ecco quelli che in rete navigano con il dito puntato, con una pistola carica di acredine e “pronta” a “colpire” pur di DERIDERE; perché questo è ALLA FINE ciò che EMERGE.
Se Socrate potesse “setacciare” il cervello di chi, senza fare un minimo sforzo PRIMA per informarsi ed invece SENZA approfondire, stia lì con quel ditino a ricamare iperboli, su cose che non si conoscono bene e dando per scontato un giudizio che palesemente alla fine risulta strettamente personale ed affrettato.
Avventurarsi dunque, con chiarimenti verso falangisaccenti, può solo riesumare i SETACCI SOCRATICIcon risposte né vere, perché per sentito dire, né buone e né utili. Infatti la “vanvera”, se associata a quello strumento tanto simpatico utilizzato nel sei-settecento a forma di sacca, con un tubo infilato nella parte terminale dell’intestino, onde impedirne emissioni di flatulenze udibili, ben chiarisce l’utilità di siffatti nobili afflati.
Eppure siamo esseri sempre più evoluti… Ma allora?
“O fesso che parla sempre” come diceva Totò, si trova…E come se si trova.
Certo. Ma…
“Ci sono persone che sanno tutto e purtroppo è tutto quello che sanno” (Oscar Wilde).
Elisabetta Ciavarella