Cronaca

Infermiera uccisa dall’ex marito a Roma il gip negò l’arresto dell’assassino

ROMA – Maltrattava e minacciava la moglie da mesi. Ma a gennaio, nonostante la richiesta della procura, il tribunale di Roma aveva respinto l’arresto di Guglielmo Berettini, il vigilantes di 42 anni che l’altra sera ha inseguito in macchina l’ex moglie, Michela Fioretti,

 

41 anni, pure lei al volante, uccidendola con quattro colpi di pistola e tentando il suicidio. Poteva essere evitata, forse, la tragedia di Acilia. Meno di tre mesi fa, infatti, il pm di Roma Antonio Calaresu aveva chiesto la misura cautelare, ma il provvedimento era stato bocciato dal gip. Nel capo di imputazione il pm ripercorreva anche le minacce subite dalla donna, perseguitata per strada, in casa e anche sul posto di lavoro, al Grassi di Ostia, dove faceva l’infermiera. «Tanto ti ammazzerò. La farò pagare anche a tua madre. Sei una bastarda, non meriti niente» era il testo di uno degli sms ricevuti da Michela e mostrato alle colleghe più intime.

L’UDIENZA
Eppure nei primi giorni di gennaio il gip aveva respinto il provvedimento restrittivo escludendo anche misure alternative. Gli venivano contestati i reati di minacce e maltrattamenti in famiglia, ma non c’erano certificati medici allegati. Così Berettini, dalla fedina penale immacolata, è rimasto in libertà e con la pistola alla cintola, pronto a sparare contro l’ex moglie, come ha poi fatto, e anche di rivolgere l’arma contro di lui. Dopo aver subito un delicato intervento chirurgico, la guardia giurata della Sipro è ricoverata in condizioni gravissime al San Camillo. Se si salverà, rischia di vivere con pesanti menomazioni. Il pm Nadia Plastina e il procuratore aggiunto Pier Filippo Laviani, che hanno aperto un fascicolo sull’episodio, hanno disposto comunque il suo arresto per omicidio volontario. Ben due sono state le indagini condotte sui rapporti burrascosi della coppia, separatasi meno di due anni fa dopo una lunga relazione. Nel 2011 lui e lei avevano presentato esposti ai carabinieri accusandosi reciprocamente di inadempienza verso i figli minori e di minacce. Non c’erano querele ma i militari inviarono a novembre il fascicolo alla Procura che archiviò. A maggio 2012 le sfuriate sono riprese e a occuparsi stavolta è stato il Commissariato di polizia Lido che ha inoltrato la pratica al pm Calaresu.

LA COMMOZIONE
L’uccisione di Michela Fioretti ha suscitato profonda commozione nei colleghi dell’ospedale di Ostia che, all’ingresso del reparto di Dialisi dove l’infermiera lavorava, hanno affisso uno striscione con scritto «Michela mai più denunce inascoltate». Un orrore, quello della sua morte, che ha spinto un gruppo di donne di Ostia a convocare il flash mob «Rompiamo il silenzio, un fiore per Michela e le altre» per domani, alle ore 10,30, al Pontile. «Per dire basta alla violenza di genere sulle donne – è l’invito – portate fischietti e tamburi per rompere il silenzio. E tenete in mano un fiore, uno per ogni donna morta ammazzata». La prima ricognizione medico-legale sul corpo di Michela, riferisce che è stata raggiunta da quattro colpi di pistola calibro 9×21: due all’emitorace sinistro sono fuoriusciti dall’addome, uno all’avambraccio sinistro ed uno al collo. Conclusa l’autopsia, prevista al policlinico Tor Vergata, verrà allestita la camera mortuaria in ospedale e i pazienti di dialisi hanno chiesto di sospendere le attività durante i funerali. Il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti ha promesso aiuti alle due figlie di Michela, di appena 6 e 10 anni, già seguite insieme con i nonni dall’equipe di psicologi del Grassi.

 

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