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1799: “I VISITATORI” DI FERDINANDO IV (2^ PARTE)

di GIUSEPPE CLEMENTE

Riporto alcuni Atti pubblici, quelli più significativi, opportunamente ridotti in sintesi. Chi aveva da temere più degli altri dai “Visitatori” era GIUSEPPE MARIA MAZZILLI, perché figlio del più noto EMILIO che aveva presieduto la costituzione della municipalità repubblicana in San Severo. Si recò ben due volte dal notaio FELICE FRACCACRETA in Apricena. La prima, il 28 giugno 1799, con sedici testimoni i quali dichiararono che il 25 febbraio MAZZILLI «a cavallo, ben armato, insieme coi medesimi, con sommo valore ed ardimento combatté con quelli fino a tanto che, superati, si posero in fuga per salvare la vita». Questo attestato non fu verosimilmente sufficiente, perché ritornò dal notaio FRACCACRETA il 15 agosto dello stesso anno con altri quattro testimoni tra cui lo storico MATTEO FRACCACRETA, il quale affermò che in sua presenza MAZZILLI «ammazzò due francesi di cavalleria, uno dopo l’altro, che caddero a terra estinti». L’autorevole testimonianza salvò MAZZILLI dai “Visitatori”. Considerevoli danni al patrimonio avevano subito per la “rapacità” delle truppe francesi i fratelli MATTEO e ANTONIO MARIA D’ALFONSO. Nell’atto pubblico, compilato dal notaio SAVINO COSTANZO di San Severo il 27 settembre 1799 con la deposizione di nove testimoni, fu dichiarato che il 25 febbraio i soldati francesi avevano fracassato «scrigni e scrivanie», impossessandosi dell’oro e dei gioielli e dell’argenteria di casa. Tutto era stato posto in «due facce di coscini» e portato via. Toccante è la storia di due anziani coniugi, DONATO FLORIO ed EUFRASIA RISPOLI, che per «difendere la santa religione e il nostro amabilissimo sovrano» nella leva del 1798 avevano mandato a proprie spese due figli al servizio militare che agli inizi del 1799 erano ritornati a San Severo «smarriti e nudi». Malgrado ciò, sempre per dimostrare il loro attaccamento al re, il 25 febbraio i loro figli avevano combattuto i francesi e uno di essi, il sacerdote don GIACINTO, partecipante della parrocchia di San Giovanni Battista, unica fonte di sostentamento per l’intera famiglia, era stato barbaramente ucciso. Gli sfortunati genitori vivevano «nella massima afflizione ed indigenza con l’intera famiglia» e avevano inoltre «una figlia nubile, anche di buonissimi costumi, timorata di DIO» che difficilmente, data la condizione, avrebbe potuto trovare marito. Il 31 gennaio 1800 si recarono perciò insieme a quattordici testimoni, tutti di San Severo, dal notaio GIUSEPPE DE SANTIS, affinché la loro situazione fosse pubblicamente attestata e il re concedesse loro un sussidio. Infine il 5 luglio 1800 i procuratori delle quattro chiese parrocchiali di San Severo (Cattedrale, San Severino, San Giovanni e San Nicola) si recarono dal notaio DOMENICO TONDI per attestare che le loro chiese il 25 febbraio subirono il saccheggio dei beni e la distruzione degli archivi, in cui quasi tutti i documenti vennero “bruciati, strappati e dispersi”. Oggi infatti l’Archivio diocesano di San Severo è quasi del tutto privo di documenti anteriori al 1799. Queste preziose carte hanno gettato una nuova luce su un drammatico momento della storia di San Severo. Di quegli avvenimenti e delle persone che nel bene e nel male ne furono i protagonisti si conservò a lungo il ricordo e fino al 1860 ogni 25 febbraio le campane della Croce Santa, la prima chiesa di San Severo profanata dai francesi, con i loro lenti rintocchi hanno ricordato alla gente le vittime di quel giorno di follia.

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