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Estubazione di un neonato prematuro; intervento con tecnica innovativa a Foggia

Un piccolo eroe è venuto al mondo a fine gennaio di quest’anno.

Nato prematuro a ventiquattro settimane, e con un peso di 780 grammi, il piccolo viene purtroppo operato per peritonite meconiale prenatale e, dopo l’intervento, rimane in ventilazione meccanica invasiva per 43 giorni, con una richiesta di ossigeno oscillante tra il 40 e 100 per cento.
Accade che, presso il Policlinico Riuniti di Foggia, viene eseguita l’estubazione del piccolo protagonista di tale vicenda che fa ben sperare, data la rilevanza dell’apporto tecnologico.
Il neonato prematuro è stato operato con il sistema innovativo Nasal Neurally Adjusted Ventilatory Assist.

“È un momento cruciale nel percorso delle cure intensive. Questa estubazione è tanto più difficile quanto più lungo è stato il periodo in ventilazione meccanica. Una delle modalità più promettenti per facilitare questa transizione è il sistema Nava: una ventilazione a supporto parziale in cui il dispositivo fornisce una pressione inspiratoria proporzionale all’attività elettrica diaframmatica”, ha spiegato Gianfranco MAFFEI, direttore dell’Unità operativa di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale.

Nei dettagli, un sondino naso-gastrico permette la ventilazione e rileva l’attività neurale del respiro con una migliore sincronizzazione macchina-neonato e quindi un miglior comfort per il paziente.

“Il 18 marzo abbiamo deciso di utilizzare un ventilatore Nava, per la prima volta nel Sud Italia: dopo 15 giorni il bambino è stato posto in alti flussi a 6 litri al minuto senza ossigeno, con semplice cannula nasale. Ha ottenuto un buon recupero ponderale a oggi, con un peso di circa 1200 grammi”, dichiara il Prof. MAFFEI, puntualizzando infine: “Sebbene la ventilazione invasiva sia essenziale per sostenere la respirazione dei piccoli pazienti gravemente compromessi, può anche comportare rischi significativi, tra cui danni alle vie aeree, infezioni polmonari e disfunzione respiratoria cronica conosciuta come displasia broncopolmonare. Pertanto, è fondamentale ridurre al minimo la durata della ventilazione invasiva e facilitare una transizione rapida e sicura alla respirazione spontanea”.

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