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I FIGLI DIMENTICATI DI SAN SEVERO, MATTEO SASSANO: Il “rosignolo di Napoli” vissuto nel 1600 detto Matteuccio

Ci sono molti personaggi della storia locale che sono completamente caduti nell’oblio più totale e che nessuno più li ricorda, anzi possiamo affermare che si mette anche in dubbio le loro origini e la loro esistenza nei secoli passati. Pochi sanno chi è Matteo Sassano, ma la nostra città annovera tra i figli più illustri questo cantore del 600. Conosciuto come Matteuccio, fu soprannominato anche il “rosignolo di Napoli” per la sua voce armoniosa e intensa, tanto bella che era paragonato al passero “che sì soave piagne” di petrarchesca memoria (Canzoniere – “Quel rosignol che sì soave piagne”). Un documento rivela che egli sia nato a San Severo nell’anno 1667. Matteo arrivò al canto per l’ “interessamento” di un barbiere, mezzano procacciatore di ragazzi da castrare ed avviare all’arte del bel canto: Alessandro Liguoro, il barbaro-barbiere, che aveva l’attività in un negozio dietro Palazzo Nunzio, in via Toledo a Napoli. Il Barbiere aveva una “giustificazione” per il suo operare collaterale: arrotondava le magre entrate procurando ragazzini per il “Conservatorio dei poveri di Gesù Cristo”. Tal barbiere girava anche nelle regioni limitrofe per adempiere al suo servizio: fu così che incontrò Matteo in Puglia ed ecco che Alessandro riuscì a persuadere i genitori a concedere il permesso alla castrazione del fanciullo, dietro un modesto compenso. Tuttavia è da dire che Alessandro si affezionò a Matteo, tanto che lo seguì negli studi e lo aiutò in ogni maniera; fu un suo tutore nel senso pieno del termine. Alessandro, infatti, si adoperò affinché dal “Conservatorio dei poveri di Gesù Cristo” ottenesse il debutto a Napoli nella Cappella del Palazzo reale. Matteuccio collezionò numerose ed altolocate avventure romantico-sentimentali, tutt’altro che platoniche: oltre ad avere una gran bella voce era anche un ragazzo “di angelica ed inquietante bellezza” come riportano testimoni del tempo, era capace far innamorare un gran numero di donne. Nel 1695, dopo i successi riscossi nel 1693 come primo soprano a Napoli, fu invitato a cantare nella cappella reale dell’imperatrice a Vienna con un salario di 3.000 scudi, ma non vi restò molto perchè ebbe nostalgia di Napoli e di tutte le persone che aveva lasciato: lì era molto amato. Pare che però il successo strepitoso gli diede alla testa: era bello, elegante e donnaiolo, di fama internazionale, per cui si associò la superbia, la spavalderia e l’insolenza al suo modo di essere: pieno di sé in modo incredibile, insultò i duchi, trattò con disprezzo i servi del vicerè e si rifiutò addirittura di eseguire i suoi ordini. Il vicerè allora infuriato ordinò che Matteuccio fosse mandato in galera, ma fu risparmiato per l’intervento della “viceregina” che aveva un debole per Matteuccio. Tra il 1698 e il 1700 fu a servizio della Corte di Baviera, laggiù invitato dalla Regina Maria Anna Moburg: anche qui si ha una situazione simile a quella del Farinelli dove la voce di Matteuccio doveva servire a scopo terapeutico per il Re Carlo II. Carlo II era afflitto da una grave forma di depressione psichica per cui la Regina pensava di poter curare la malattia col bel canto e la musica: era un precursore di musicoterapia praticata dalla medicina contemporanea come strumento per curare le malattie nervose (ipocondria, nevrastenia, esaurimenti). A Napoli probabilmente la Regina ebbe modo di ascoltarlo per la prima volta e ne ebbe conoscenza anche prima: la sua fama giunse fin in Baviera. Matteuccio accettò l’incarico in Baviera non solo per il lauto compenso propostogli, ma pure per le grazie della sovrana. Il canto di Matteuccio giovò alla salute del Re, tanto che la Regina di Spagna, su consiglio della collega Bavarese, volle praticare la stessa terapia al Re Filippo V, e, infatti, come sappiamo chiamò all’uopo Farinelli. Tuttavia l’influsso positivo a Corte Matteuccio lo procurò scacciando la solitudine della Regina, che non disdegnava affatto ospitarlo nella sua alcova, affinché conciliasse il sonno con il suo “canto melodioso”. Il terribile carattere vanaglorioso di Matteo Sassano veniva perdonato sempre per la sua stupenda voce e arte di canto; talché diventò proverbiale il «cantare come Matteuccio» per indicare quando si cantava soavemente. Matteo Sassano muore ottantenne, a Napoli il 15 ottobre 1737.

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