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IL SOGNO PROIBITO DELLA “GRANDE DESTRA”

di FRANCESCO GIANNUBILO

La formazione di una “GRANDE DESTRA” è una contorta questione che abbraccia l’intera vita politica della Repubblica italiana, con i vari tentativi di comporre in un unico fronte le eterogenee forze moderate e conservatrici, iniziati già durante gli anni della guerra civile. Sin da subito, però, l’area della destra dovette scontare sia la sua stessa frammentazione interna sia la delegittimazione politica causata dalla semantica della parola “destra” all’indomani del ventennio fascista. Cosicché, sia per effetto della relegazione, da parte della “cittadella esarchica” formata dai partiti appartenenti al CNL, di tutta la destra nell’area del conservatorismo sociale e del reazionarismo politico, sia per il rifiuto dell’allora PLI di partecipare ad aggregazioni con le forze monarchiche e qualunquiste nonché quelle del nascente MSI, divenne praticamente impossibile nel tempo, perdurando il disegno degasperiano della conventio ad exludendum delle due ali, qualsiasi operazione di rassemblement alla destra dello schieramento politico. Ripercorrere, seppure brevemente, la fallimentare cronologia dei vari tentativi di creare una “grande destra” non è operazione culturale ma di comprensione di quanto sia stato difficile assicurare nell’Italia repubblicana la sopravvivenza di una “cultura” alternativa a quella cattolica e marxista, con nefasti effetti sullo sviluppo democratico del paese e il suo definitivo approdo alle SCELLERATEZZE di oggi. La mancata fusione del PLI con l’UQ di GUGLIELMO GIANNINI nel ‘46, risoltasi tardi nel “Blocco nazionale”, che, con il revirement a destra della DC nel ‘48, ebbe pesanti perdite alle elezioni; il rifiuto della proposta del PNM di unire il PLI al “Blocco delle forze nazionali” alle elezioni amministrative del ’51-52; la scissione monarchica in due partiti nel ’53 a seguito della nomina di GIUSEPPE PELLA a Presidente del Consiglio, ciò che pregiudicò ogni possibilità per la destra di inserirsi autorevolmente nella coalizione governativa; il fallimento, nel ’58, del progetto di riunificazione in cui si era impegnato anche il movimento “Unione Combattenti d’Italia” di GIOVANNI MESSE; la tardiva fusione, nel ’59, dei due sparuti tronconi monarchici nel Partito democratico italiano e il suo inserimento in una combinazione DC-PLI-PDI di appoggio al Governo SEGNI, però caduto di lì a poco; l’insuccesso del Governo TAMBRONI, appoggiato dai voti del MSI; il tentativo di ricompattare, ai giorni nostri, una nuova e più moderna destra democratica e riformista, con la fusione di quella fiuggina con quella più liberaldemocratica di FI,  concretizzatosi nel “Popolo delle Libertà”, destinato però ad infrangersi di lì a poco per rivalità ed insufficienza dei quadri dirigenti e per fattori esogeni  in agguato. Ma la “sconfitta della destra” non è stata solo una sconfitta politica ma soprattutto culturale, che si identifica con l’eclissi del pensiero liberale nell’Italia repubblicana, per l’incapacità di elaborare una “umanità liberale” e quindi di proporre un’autonoma “ricostruzione” allo stesso tempo sociale e culturale alternativa a quella cattolica e/o marxista. Da maggioranza silenziosa, dunque, ad “invitato di pietra” nel desolante, monopolizzato quadro culturale e politico nazionale! Ora, l’ultima chance per una ricomposizione, almeno tattica, fra i segmenti della destra, dai residui di quella fiuggina e di quelli forzisti alla Lega salviniana, passata ad una iperpolitica a vasto raggio: una triade che forse non “scalda i cuori” e non incarna una dramatis persona cui si addicano ruoli epici e compiti d’eccezione; se non altro, una specie di union sacrèe che almeno possa autorevolmente riposizionare la destra nel suo complesso contro il rullo compressore di una autorità governante – l’<<assassina>>clacquerenziana e gli asserviti alfaniani- che ha preso il potere e che, con la sua immagine edulcorata ed untuosa, manovra per appiattire, uniformandoli, interi e diversi gruppi umani sul cammino della “felicità collettiva”. Un monstrum che accetta soltanto servitori pronti e disposti a piegarsi ad una intollerante volontà, con la sua isteria totalitaria strisciante per via democratica che si camuffa sotto lo scudo di pseudo riforme per cementare un regime padreternistico, contraffattore e mistificatore.

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