Comunicati

ITALICI (MIS)FATTI & TRAGICI BUFFONI

Parlavo, all’incirca un anno e mezzo fa, delle due stanze in cui noi italiani oramai viviamo: sì, la prima è un manicomio, la seconda è una fogna, in effetti una ininterrotta, maleodorante galleria di nefandezze politico-burocratiche in cui continuano ad aggirarsi incessantemente non solo i mostriciattoli del parassitismo, della furberia, del malaffare e del’intrallazzo, ma anche i novelli “nani” della Repubblica, autolegittimatisi come eroici, silenziosi “liberal-rivoluzionari” (!), animatori e interpreti di una “riscossa nazionale”. Ma, a parte i matti del manicomio

 

e le schifezze della fogna, con cui comunque convivono (e non male), anche i “nuovi eroi” – capeggiati da un ultramoderno Lohengrin nostrano, di wagneriana memoria – abbisognano di una propria stanza, una terza stanza, quella dei mistificatori di professione, in cui accedono tutti i tragici buffoni di questa Repubblica, modelli di grossolana contraffazione, mostri viventi al servizio di una infame e grottesca impresa di soperchieria e di cosciente menzogna, che sbandierano riforme “epocali”, per di più solo annunciate, che, invero, di epocale e di rivoluzionario non avrebbero alcunché quand’anche fossero integralmente applicate. Un cinismo senza pari che finisce per consumare totalmente l’italica illusione riformistica di tanta storia pressoché “inutile”, l’illusione meridionalista, l’illusione dell’epilogo della orgiastica religione del parassitismo politico e della tirannide politico-burocratica come “funzione coesiva di casta”. Un cinico disegno, dunque, che finisce per avvolgere completamente un popolo fatto di ombre, ombre che hanno paura di qualsiasi ombra, ombre che vivono nell’ombra: una realtà fatta ormai soltanto di una spettrale, flaccida vita di nere, sinistre ombre, che coprono di un manto di menzogne la nazione, o meglio, il cadavere della nazione: quella di un popolo malato. Già, che dire di queste solenni, epocali riforme di struttura, riforme soteriologiche eredi dirette delle escatologie cristiane e delle utopie comuniste, che si mettono in cantiere facendole percepire come avverse alla “casta”, ben sapendo, invece, che sono dirette proprio a rinsaldare la “casta”,  instaurando così, per tal via, una sorta di neo “democrazia totalitaria”, una nuova “religione civile”, una nuova omnicomprensiva “perenne Repubblica della virtù dei giacobini”, una perenne occupazione del potere e di ogni suo recesso, insomma di tutto l’occupabile a scapito della società civile, relegata oramai alla sue triste, macabra spettralità? Ben sanno dunque di mentire! Si vuole parlare, ad esempio, del così detto “Jobs Act”  (all’inglese appare di grande effetto, finendo per assomigliare al “Bill of Rights del 1689 o magari al “Settelment Act” del 1701!), che ha evitato di affrontare il problema della creazione della domanda di lavoro, o meglio ha inteso affrontarlo in modo surreale con ridicole misure normativo-contrattuali (la falsa “battaglia” sull’art. 18 è del tutto strumentale onde distogliere l’attenzione da ben più gravi questioni!) senza fare alcunché sul fronte produttivo dell’impresa (innovazione e sviluppo, mercati e investimenti, detassazioni e protezioni, ecc.)? E la immediata “liquidazione” delle Province? E’ proprio di questi giorni la elezione dei Presidenti! Già, ma non avevamo creduto che “Palazzo Dogana”, ad esempio, dovesse essere dismesso e magari adibito a museo, ad asilo infantile od altro? L’aspetto gravissimo è che fintantoché l’ente Provincia fosse stato abolito come entità politico-amministrativa nulla qaestio, anzi la smobilitazione di tutti gli “attori parassitari” che ne fanno parte sarebbe stato motivo di profonda soddisfazione. E invece no, c’è tanto di peggio! Infatti, pur continuando a sussistere come ente di governo territoriale con tutto il suo parassitario apparato politico-burocratico, il cittadino viene sic et simpliciter estromesso da ogni partecipazione elettiva, rimanendo questa di esclusivo appannaggio di conventicole ed accordi politici. “Democrazia rappresentativa” …o iperbole totalitaria dunque? Si stenda pure un velo pietoso sulla preannunciata riforma delle Regioni, le più mostruose ed organizzate strutture di potere e di “rendita parassitaria” mai esistite, un putrido sistema che però deve funzionare così; così pure sulla riforma del Senato o sulle misure già attuate in tema di redistribuzione di miserabili aiuti, che, senza apportare alcuna utilità a chicchessia, ha finito soltanto per drenare ingenti risorse, indispensabili su altri fronti (lavoro, sicurezza, ecc.). Insomma, al di là di esemplificazioni, quella del riformismo, ridotta solo ad una qualificazione di self-promotion, continua a rivelarsi una storia maledetta, una idea grottesca che si svolge sul terreno putrido della fatuità e della viltà: quelle di un popolo e suoi governanti, affetti da una malattia – un vero morbo – in primis dello spirito etico. A fronte dell’ordinario squallore che pervade questi nostri giorni, dunque, non v’è che da rimpiangere, chissà, persino la così detta “Prima Repubblica”, con tutta la sua grandezza e la sua miseria, di certo il degasperismo – che, al di là di facili accostamenti, nulla ha che vedere con l’odierno renzianesimo – che mestamente l’ha lasciata  incompiuta, così come le grandi idealità liberali. E forse anche altro! E bene si può comprendere ora quanto fosse esatta – e quanto lo sia ancora oggi pur a distanza di tanti decenni – l’affermazione gobettiana “il nostro vero dramma consiste nel fatto che non possiamo essere un piccolo popolo e non sappiamo essere un grande popolo”. Mi sia concesso solo di aggiungere che non lo siamo stati quando avremmo potuto esserlo, oramai non possiamo più esserlo nel nostro ineluttabile declino di nazione, di popolo e di uomini, in veste di attori e comparse nella rappresentazione della tragicommedia folle della democrazia italiana: una lunga, inesorabile discesa all’inferno!



FRANCESCO GIANNUBILO

Altri articoli

Pulsante per tornare all'inizio