Comunicati

Nella Tan”O” dell’Antiracket

< La Trilogia > 1^ parte

Molti Scriviamo facendo appello all’art. 18, all’art. 21 e all’art. 28 della Costituzione della Repubblica Italiana.

Ed in riferimento al Decreto del Ministero dell’Interno del 24 Ottobre 2007, n. 220, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (GU n. 276 del 27-1 -20 7), in particolare all’art. 1 comma 1 e 2 che recitano espressamente:

  1. Presso ogni Prefettura – U.T.G. è istituito l’elenco provinciale delle Associazioni e delle Fondazioni Antiracket ed Antiusura;
  2. Possono essere iscritte nell’elenco di cui al comma 1, le Associazioni, anche non riconosciute, le Fondazioni e i comitati di cui all’articolo 13, comma 2, della legge 23 febbraio 1999, n. 4, e le Associazioni e le Fondazioni Antiracket ed Antiusura, aventi tra gli scopi sociali, risultanti dall’Atto Costitutivo, quello principale di prestare assistenza e solidarietà a soggetti danneggiati da attività estorsive.

Dunque, è nostra premura dirlo e scriverlo per puntualizzare ed informare i disinformati che, nonostante sia un nostro diritto iscriverci presso l’elenco Provinciale delle Associazioni, a decorrere da un anno dalla nascita della nostra associazione non è nei nostri intenti inserirci in un elenco Prefettizio. Il motivo? È semplice ed è sempre quello che abbiamo detto e scritto fino a ora, e che continueremo a dire e scrivere, ovvero che tale scelta, l’iscrizione in termini di legge è utile solo ed esclusivamente per far accedere al fondo vittime del racket chi denuncia. Difatti, a tal riguardo la legge permette all’interessato (la vittima) di presentare direttamente domanda per la concessione dell’indennizzo mediante apposito modulo da presentare presso la Prefettura di residenza o, col consenso di questi –che è facoltativo- di avvalersi dell’associazione di categoria o ordine professionale di appartenenza. Ma può anche avvalersi delle associazioni istituite al fine di tutelare (parola a parer nostro molto ambigua, perché si parla solo di tutela economica) le vittime del racket iscritte in un apposito albo prefettizio. Pertanto, il nostro compito -sempre a parer nostro- non è quello di istruire pratiche di “finanziamento”, bensì quello di affiancare lungo tutto il “percorso – calvario” che una vittima affronta dopo una richiesta in queste circostanze. Il nostro dovere sociale -dell’Associazione Onlus Capitano Ultimo-  è di trasformare una vittima in un denunciante; il resto burocratico e Istituzionale spetta agli organi preposti. “Noi” siamo del parere che un’Associazione che si definisce Anti-Racket non debba mai e poi mai maneggiare o beneficiare di soldi pubblici. Lo ribadiamo a gran voce affermando che se i soldi non sono messi al servizio di chi realmente necessita di liquidità per salvaguardare la sua persona e la sua azienda da atti ignobili, diventano strumento terzo e non prioritario e fondamentale per la Sua Persona, quella della vittima – denunciante.

Noi dell’Associazione Onlus Capitano Ultimo abbiamo un modus operandi che spesso funge da ricettacolo per segnalazioni e vari sfoghi personali. Vi citiamo uno su tutti, vittima, e poi con noi denunciante, in uno dei territori più “caldi” della male estorsiva: il Sig. F. G. C., dopo aver fatto richiesta d’aiuto a un’Associazione Antiracket d’“Elite” presente sul suo territorio, maledisse il giorno in cui denunciò le “N’drine Calabresi”, Lo fece poiché trovò innanzi a lui quel muro di gomma che rimbalzava il suo aiuto. Ebbene, quel muro si chiamava, e si chiama tuttora, ricerca di beni da confiscare e contributi vari per poterlo assistere. Altri ci dicono addirittura che alcune Associazioni, per il caso del Sig. F. G. C., non si sono volute costituire Parte Civile nei processi per il sol fatto che gli imputati non possedevano beni da confiscare e quindi da poter beneficiare. Per noi tutto questo è assurdo, non vi è Onore.

Sentiamo parlare più volte di legalità, di invogliare alla denuncia chi subisce. Ma è un dato incontrovertibile che denunciare oggi equivale ad una condanna a morte. E non ci riferiamo a quella fisica, della persona, ma alla morte dell’azienda, costruita col sudore e col sacrificio, perché, e tutti lo sanno bene, che i primi a “darsela a gambe” -in ordine cronologico- sono i fornitori, la clientela, i conoscenti, gli amici, i parenti e infine lo Stato.

Noi abbiamo capito e compreso che la Politica/Stato, con determinati atteggiamenti, con le disgrazie altrui ne fa un cavallo di battaglia per i propri obiettivi. Sul territorio nazionale, ma in particolare quello della provincia di Foggia, ci sono abbastanza Associazioni Antiracket da poter soddisfare le esigenze di un denunciante. È bene ricordare, specie a chi del presenzialismo ne fa un dovere irrinunciabile senza però mettersi in gioco e stare tra la gente, che l’operato di un’Associazione Antiracket lo si percepisce sul campo, con la presenza costante e preventiva nei confronti dei commercianti e dei cittadini, anche se non associati. Questo per Noi è un atto dovuto a salvaguardia del Bene Comune, della Legalità. Non basta accompagnare la vittima all’ufficio preposto per la  denuncia quando ormai a parer nostro non c’è più nulla da salvare. È giusto parlarne, specie se a farlo sono realtà associative che perseguono la Legalità, ma poi ci vuole il “polso duro e credibile” di un’Associazione Antiracket che mette sul campo azioni e modelli risolutori, non propositivi: di quelli ce ne sono già tanti e tutti sorvolati dalle Vittime del Racket, dell’usura, dei Soprusi.

Noi dell’Associazione Onlus Capitano Ultimo ci chiediamo, non per polemica ma per precisa e corretta informazione, come può un’Associazione Antiracket sostenere delle campagne onerose e di sensibilizzazione contro il fenomeno estorsivo promuovendo e sensibilizzando e soprattutto invogliando il cittadino nel non acquistare prodotti da chi non espone quel bollino blu, quasi a testimonianza che chi non aderisce paga il pizzo? La nostra decisa irreversibile e corretta risposta è semplicemente “ASSURDO. Lo affermiamo giacché in tutto questo non vi è contropartita. Ma volete comprendere che inserendo il commerciante nella cosiddetta “lista nera” quelle attività commerciali, dai cittadini, vengono –e non verrebbero-  viste come disoneste e complici, e non come vittime terrorizzate da una giustificata paura nel non esporsi? Noi lo abbiamo capito perché abbiamo parlato con tanti commercianti che purtroppo convivono con questa assurda situazione, lo abbiamo compreso parlando con la gente che evita quelle attività, cittadini impauriti di comperare merce che credono che parte dei proventi delle vendite vada nelle mani del racket. Tutto questo, malgrado gli sforzi profusi da chi come noi cerca la Legalità anche co la corretta informazione, non produce una campagna riparatrice alla riabilitazione morale del commerciante. Veda egregio dott. Tano Grasso, la gente si aiuta, non si affossa per loro scelte risultate sbagliate nell’ aver acconsentito ad una richiesta di “pizzo”, spesso terrorizzate da malavitosi che con una pistola puntata alle tempie la costringe a sborsare soldi lavorati onestamente. Lei lo sa molto bene e ci meravigliamo come può affermare che «I commercianti non collaborano, Foggia sottomessa alla “Società”». Lei c’è passato, ha avuto il coraggio di denunciare in tempi che le associazioni antiracket erano inesistenti. Ha avuto coraggio e ne prendiamo atto. Ma oggi il coraggio lo deve profondere e non indurre con proclami lesivi per un territorio che fa fatica a fidarsi di chi si fa chiamare “Antiracket” e poi si muove solo se ha fondi a disposizione. Il ricattato –e Lei lo sa molto bene- da vittima, per cavilli forensi, diventa perseguitato da chi lo deve proteggere, lo è per aver inconsciamente, in quel preciso istante, quello dell’estorsione, salvaguardato se stesso e la propria famiglia da atti ignobili e da un pericolo immediato, pagando il pizzo senza avvisare le Forze di Polizia. Non a caso il legislatore ha pensato bene di creare una legge chiamata Stato di Necessità -art. 54 c.p.-, proprio a tutela di quelle persone che sbagliano sapendo di sbagliare, o meglio, mentono sapendo di mentire.

Per noi tutto questo è sconcertante. L’estorto ricade in un ricatto morale velato, nonostante sia vittima del cosiddetto “Pizzo”. E anziché aiutarlo, che fa la giurisprudenza e le sue machiavelliche applicazioni? Lo isola, lasciandolo solo più che mai, sperando di indurlo alla denuncia. Tutto questo come si chiama? Per noi è RICATTO, come a dire (anzi a fare) ti lascio in mutande senza via di scampo per farti denunciare.

Ed ancora, perché di carne al fuoco ce n’è così tanta che un barbecue non basterebbe per sfamare quei lupacchiotti bramosi di apparire vicino a quel “Grasso che cola e cala i suoi anatemi”, Noi ci chiediamo come le Associazioni possano accaparrarsi strutture sottoposte a sequestro per reati di Mafia aggiudicandosele senza un bando pubblico? Noi ci chiediamo con tutti questi beni e questo denaro pubblico come mai nessuno di questi “Colossi” dell’Antimafia  ha utilizzato un solo euro per la salvaguardia personale di chi denuncia? Oggi al vertice della Regione Puglia c’è un magistrato che conosce bene il fenomeno estorsivo e del sopruso: speriamo che abbia lungimiranza nell’ascoltare più cori, diversamente dal suo predecessore che ha lasciato campo libero a chi oggi non ha sortito risultati, solo assegnazioni di soldi e strutture pubbliche.

Il “Nostro Modello Antiracket e anti Soprusi” (che nessuno ha voluto visionare, o meglio non prendere in considerazione, visto che le due “Marie” il nostro plico lo hanno ricevuto e tenuto in un cassetto in Corso Giuseppe Garibaldi, 56) è stato studiato e messo a punto da uomini di legge e di Stato, immedesimandosi nella vittima di estorsione, affinando quei temi primari che un denunciante richiede nel momento devastante della richiesta estorsiva e nella meditazione che lo porta alla denuncia e di conseguenza di riporre la fiducia in terze persone. Noi lo abbiamo fatto; peccato che non apparteniamo a nessuna Associazione d’Elite Nazionale, ma siamo semplici umili e straccioni con le idee altruiste e pertanto non meritevoli di tanta attenzione, ma semplicemente di una insana incuranza mascheratasi dietro una non appartenenza (per scelta) ad una lista Prefettizia, la quale secondo il principio di associazionismo vigente in Italia non vi è nessun obbligo di legge che ne impone l’iscrizione, ma non per questo emarginati a prescindere e consapevoli di agire contro i propri interessi.

Vi sono politici, come spesso avviene in campagna elettorale, che acclamano la tanto agognata legalità e sicurezza, per poi accorgersi, nel confrontarsi lontano da resse acclamanti, che di legalità e trasparenza nessuno vuol sentirne parlare se non con proclami propagandistici tra folle teleguidate per unanimi consensi. E i fatti? Sul campo cosa fanno? Niente di niente!

Noi dell’Associazione -nostro malgrado e analizzando bene la non voglia di cambiamento che i potenti della Capitanata ostentano o meglio giacciono tranquilli fra le braccia di Morfeo- siamo consapevoli di aver dato il massimo a chiunque si sia rivolto -a noi-. Lo abbiamo fatto e continuiamo a farlo seppur andando contro corrente, spesso incappando in una ottusità Istituzionale e Politica alquanto disarmante che non lascia apertura a soluzioni che potrebbero realmente essere di sostegno per quanti, indotti a sfidare la criminalità organizzata, ci mettono faccia cuore e vita, oltre che pericoli familiari, i più cari tanto per intenderci.

Una nota, anzi una precisazione è doverosa: ci siamo chiesti più volte il motivo che ha spinto dapprima, Sua (e non nostra) Eccellenza il Prefetto Maria Luisa Latella e poi Sua (ancora n.p.) Eccellenza Maria Tirone, entrambe Prefetti di Foggia, a non darci mai udienza pur sapendo quanto impegno e quanto di buono abbiamo fatto e costruito nel limite delle nostre possibilità sul territorio. Ma non basta. In quel Palazzo ci si fida e ci si deve fidare di quelle Associazioni definite “Autorevoli e Ministeriali”, o meglio deve dar credito al pourparler degli amici degli amici, senza interrogare gli interessati. In altre parole, cambia il capo ma rimangono i subalterni che indicano le vie maestre, i “fidati”, i confidenti, chi è buono e chi è cattivo. Allora, Le diciamo in tutta franchezza che a Foggia e in Italia se l’andazzo è questo non cambierà mai nulla. Sono i dati che lo dicono, non noi. Al  denunciante occorre PROTEZIONE PERSONALE e vi assicuriamo che i mezzi e le leggi per farlo ci sono: basta volerlo.  Noi lo diciamo sempre, fino allo sfinimento. In Italia le leggi ci sono e sono fatte anche molto bene, e non solo nel limitarsi ad accompagnare alla denuncia chi si ribella al racket, quasi a testimoniare che la persona offesa sia un portatore di handicap non in grado di andare da solo in una Caserma o in Questura per esporre una denuncia.

Poi se qualcuno dei “potenti” fa orecchie da mercante solo perché noi non garantiamo voti e favoritismi o avanzamenti di carriera a nessuno, beh…, il marciume, la purulenza, l’infezione della società ha sconfitto le sue difese. Noi siamo pronti a lottare per i nostri ideali di giustizia, quella sana, quella povera di denaro ma ricca di idee propositive, proattive e funzionali. Dalla nostra parte ci conforta il fatto di avere numerose richieste per aperture di nostre sedi in altre province italiane, come Messina e Bagnara Calabra (RC). Ne abbiamo avute molte altre da svariate Amministrazioni Comunali, perlopiù campane, che non badano alla poltrona ma al bene collettivo. Siamo certi che nel territorio Italiano troveremo un Prefetto, una “Eccellenza”, che ci accolga non per chi siamo ma che ci identifica per ciò che facciamo. Però non si dica che l’Associazione Onlus Capitano Ultimo non sia stata presente e non lo è sul territorio di Capitanata. È sola dalle istituzioni ma è al fianco del cittadino indifeso. Chi ha avuto il nostro appoggio ci ha sempre lodato per la nostra professionalità e competenza, e soprattutto per il nostro aiuto incondizionato e gratuito. Pertanto, la classe politica governante in Capitanata si assuma le sue di responsabilità nei confronti dei cittadini, lo faccia come garante di trasparenza, di legalità, del buon lavoro. E sappiate che la Capitanata è un bene di tutti, non un bacino di voti e di avanzamenti di carriera per sfamare la Vostra bramosia di potere. Ci riferiamo anche a Lei dott. Michele Emiliano, neo eletto Presidente della Regione Puglia, il Sindaco di Puglia, “venuto fra noi” in terra di Capitanata come il Messia portatore di ripristino della sicurezza, di trasparenza e di legalità, per sentirci dire che è sua intenzione aprire uno sportello Antiracket F.A.I. nella cittadina di San Severo, quasi a dirci implicitamente (voi non contate un c…) beh…! Le ricordiamo, Sindaco di Puglia, che il giorno 24 Ottobre 2014 “Noi” eravamo in tribunale a Foggia per un importante Processo che riguardava la nostra Comunità, che è anche sua, e lei e il  “Suo” Sindaco del Comune di cui ricopre il ruolo di Assessore alla Sicurezza (San Severo) dove eravate? Non certo al fianco delle vittime, quegli imprenditori che hanno subito l’onta e il male dell’estorsione e i suoi distruttivi effetti. Probabilmente eravate in giro per la Puglia e la Provincia di Foggia con i vostri rispettivi ruoli ormai acquisiti, ad aprire le acque e chiedere consensi, dato che erano prossime le elezioni cui Lei ha vinto. Noi ci definiamo umili al servizio di umili. Con ciò non possiamo e ci rifiutiamo di essere al servizio di Caste programmatrici a discapito della collettività, inermi allo strapotere dei Palazzi.

Il Colonnello Ultimo in prima persona, e lo rivendichiamo con sano e sincero orgoglio, ci ha fatto prendere visione di cosa sia l’umiltà e di cosa significhi essere al servizio del Popolo, ma  soprattutto ci ha insegnato a saper dire “Rinuncio”.

Pertanto, fiduciosi di aver a Tutti fatto cosa corretta e gradita, sperando di non aver offeso nessuno, cogliamo l’occasione di augurare a Tutti il nostro più sincero augurio di una pronto risveglio di Legalità in una terra dove vige subdolamente in modo latente lo strapotere Politico/Mafioso. Non a caso Istituzionalmente e Ufficialmente lo dissero sia Sua Eccellenza il Questore di Foggia e Sua (e non nostra) Eccellenza il Prefetto di Foggia Maria Luisa Latella dinanzi una recentissima Commissione di Governo.

Noi ci siamo!!!

Nella Tan”o” dell’Antiracket  >>> segue >>> il giorno 19/06/2014

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