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RICORDI SANSEVERESI BINARI E DINTORNI

di ENZO VERRENGIA

 La stazione di San Severo costituisce il nodo nevralgico di collegamento del maggiore centro della Capitanata con i resto della regione e del Paese. Il Gargano, il Subappennino e perfino parte del basso Molise confluiscono qui per intrecciare scambi e comunicazioni. Non importa che nel frattempo in Italia sia passata fino in fondo la logica del trasporto su gomma, penalizzando quello su rotaia fin quasi alla sua abolizione. Nella percezione della gente, finanche i distrattissimi e storditi giovani, il treno rappresenta ancora il mezzo di locomozione per eccellenza. Pertanto, nessun piano di razionalizzazione ed ottimizzazione dei costi operativi può giustificare il PROGRESSIVO DECLASSAMENTO DELLA STAZIONE DI SAN SEVERO. Dato che il nuovo status influisce in termini ben più vasti sull’insediamento urbano, sull’ambiente e sugli abitanti.

Negli anni ’60, ’70 e ’80, la zona della ferrovia ospitava ancora insediamenti industriali ed artigianali che la legavano al flusso dell’economia locale. Poi i frantoi, i mobilifici e i gli stabilimenti vinicoli hanno chiuso a catena. Sono state costruite nuove case. Lo stesso viale della stazione è passato da luogo oscurato per coppiette a replica dignitosa di un corso a tempo pieno.

Ma la stazione, laggiù in fondo, era sempre di più un punto critico. Dapprima i tossici, poi i barboni, i clandestini, i disturbati e tutti assieme a una schiera assortita di persone dai comportamenti a rischio. A San Severo, come altrove, diviene un attrattore caotico per devianti. Il treno si trasforma nel convoglio fiabesco sul quale tutti saltano per entrare nell’immenso luna-park dell’Occidente, dove ammazzare, rubare e spacciare.

La stazione di San Severo è il simbolo di una città dall’anima solare e ricca di umori benigni. Lo dimostrano quei CAMPANILI che si scorgono dal piazzale esterno in fondo a Corso Matteotti. Non si tratta semplicemente di chiedere la sosta di più intercity, bensì di LAVORARE PER UNA BONIFICA E RIQUALIFICAZIONE DELL’INTERA AREA, nella quale, casomai lo si fosse dimenticato, vivono cittadini a pieno titolo, che si svegliano ogni mattino per andare a lavorare, forse anche in treno, e a tutte le ore passano per uscire di casa, tornarvi o altro. Per fortuna, malgrado lo scempio della globalizzazione, vi sono ancora modelli di esistenza legati alla salutare normalità del contratto sociale.

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