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San Severo: PROCESSO AL NIPOTE

Libero adattamento teatrale di M. MONACO tratto dal libro <<Favole al telefono>> di GIANNI RODARI. La scena si apre con l’imputato scortato da due agenti. Prende posto. Poi entra il suo avvocato, poi la famiglia dell’imputato. L’usciere batte tre colpi e annuncia: <<In piedi, entra la Corte! (Nell’aula del Tribunale entra la Corte: due Giudici togati) (brusìo e chiasso in aula) GIUDICE capo: / scampanella e urla: Silenzio in aula! Si dia inizio al processo! 2^ Giudice: – Imputato, alzatevi! Come vi chiamate? Giurate di dire tutta la verità! IMPUTATO – Mi chiamo ROSSI ALBERTO, nipote di ROSSI PIO. Giuro di dire tutta la verità, nient’altro che la verità! GIUDICE capo – Apriamo il processo al nipote! Di che cosa è accusato l’imputato? PUBBLICO MINISTERO- Signor Giudice capo, signori della Corte, l’imputato è accusato di avere gravemente offeso suo zio. Figuratevi che in un racconto scritto nella sua classe ha affermato una cosa molto grave. Ha dichiarato che: <<LO ZIO È IL PADRE DI TUTTI I VIZI!>> Signori, questo nipote, chiamato ALBERTO ROSSI, ha commesso un grave atto! Con quella affermazione ha fatto intendere che il suo povero zio è pieno di vizi e quindi sarebbe un maleducato, uno sporcaccione, un fannullone, un egoista, un avaro, un ubriacone, un fumatore accanito, un impiccione e un invidioso. Insomma lo ha accusato di essere il padre di tutti i vizi. A favore di questo zio, io chiamo dei testimoni che lo conoscono e ci diranno la verità. -Primo testimone: Giuro che lo zio non beve, non fuma, non si asciuga i piedi nell’asciugamano delle mani, non prende il sale con le dita, non si mette le dita nel naso, non ficca il naso negli affari altrui. -Secondo testimone: Il signor zio non è invidioso, non gioca con il cellulare mentre mangia, non guarda la tv dalla mattina alla sera, va a letto presto. PUBBLICO MINISTERO: <<I testimoni sono tutti concordi: il signor zio è un modello di virtù. GIUDICE Capo– Imputato avere sentito? Tutti dicono che vostro zio è una brava persona— Imputato, rispondete! IMPUTATO – È verissimo, signor Giudice, mio zio è una brava persona, si è sempre comportato bene! GIUDICE capo – E allora? Come avete osato scrivere nel vostro quaderno che questo cittadino esemplare è, nientemeno, il padre di tutti i vizi. IMPUTATO – Ma, signor Giudice, è stata tutta colpa di un apostrofo. GIUDICE capo – Quale apostrofo? lo qui dentro non vedo apostrofi. IMPUTATO – Appunto. Si tratta proprio di un apostrofo mancante per questo non lo vedete. GIUDICE capo – Fate pure lo spiritoso? Eh? Io vi faccio avere il doppio della pena per aver osato prendere in giro la Corte. Avete capito? AVVOCATO DIFENSORE – Permettetemi, signori della Corte, di difendere l’imputato dalle accuse ingiuste che gli sono piovute addosso. Signor Giudice, l’imputato ROSSI ALBERTO aveva intenzione di scrivere questo proverbio molto famoso: <<L’OZIO È IL PADRE DEI VIZI>>. Ma l’apostrofo, forse consigliato dai cattivi compagni, è fuggito dalla sua penna e ha commesso l’errore di scrivere << LO ZIO E’ IL PADRE DI TUTTI I VIZI>> GIUDICE capo: Sentiamo lo zio cosa ha da dire! Lo zio – Si, signor Giudice, sono convinto che mio nipote non aveva intenzione di offendermi. Ha sbagliato a non mettere l’apostrofo. E’ solo un ragazzo distratto che deve imparare l’ortografia. GIUDICE capo (quasi commosso) – Lei, signor zio, è proprio una persona di buon cuore. Ha subito perdonato quello sciagurato di suo nipote. Faremo così. (rivolto all’imputato): <<ROSSI ALBERTO, cercherai di rintracciare l’apostrofo fuggitivo e di convincerlo a rientrare sulla retta via>>? IMPUTATO – Lo prometto, signor Giudice. GIUDICE -Va bene; per questa volta sei perdonato. Sei libero! Zio e nipote si abbracciano e tornano a casa felici. L’apostrofo era tornato al posto giusto.

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