Comunicati

“The day after”, il giorno dopo l’inizio dello sciopero della fame del sindaco di San Severo, Francesco Miglio, parla la città. La comunità vuole reagire e a San Severo: Tutti sanno tutto!

“The day after”, il giorno dopo le forti dichiarazioni e il gesto dello sciopero della fame (giunta comunale compresa), il sindaco di San Severo, Francesco Miglio, sarà ricevuto il 28 febbraio, martedì “grasso”, a Roma, per essere latore della richiesta di sicurezza e presidio del territorio che promana dalla libera e laboriosa comunità sanseverese. Una criminalità rabbiosa e impunita, sta tenendo in ostaggio la città. Una comunità che si sta chiudendo sempre più in sé stessa, che qualcuno vorrebbe si auto imponesse il “coprifuoco” e che lasciasse spazi vitali alle metastasi del carcinoma. Me se c’è un danno alla sua pelle, il corpo è sano e sta già reagendo: la pelle malata, alla fine, si può sempre cambiare! La visione d’insieme, del “gioco di squadra”, i timori, la rassegnazione, la voglia di vivere di giorno e di notte, il desiderio di sentirsi in una piazza come in casa propria, passeggiare spensierati nel centro storico barocco e ammirare le chiese e i palazzi, andare al teatro (San Severo ha uno dei più bei teatri d’Italia), al museo, fare shopping, sono le normali attività che sottendono alla “felicità sociale”. Così, parla la città. Franco Lufino, commerciante nel settore dell’abbigliamento che insieme ad altri colleghi ha rifatto le aiuole di pertinenza, su via Zannotti: “La delinquenza è un aspetto nazionale. Manca il lavoro e da anni, manca una programmazione seria. Non ricordavo avvenimenti simili dalla metà degli anni ’90 e oggi, come allora, manca la solidarietà. Come categoria, somigliamo a cani randagi che si uniscono solo quando c’è da curare il singolo orticello. Apprezzo il gesto provocatorio del sindaco Miglio, a cui suggerirei l’azione ancora più eclatante, nel rispetto delle leggi, dello ‘sciopero fiscale’ all’unisono. Scendere in piazza, non serve più a nulla. Non ci sono soluzioni immediate al problema violenza e nessuno ha la bacchetta magica. Ma se ci uniamo tutti, se dimostriamo coesione sociale e vicinanza alle istituzioni, qualcosa la otterremo. Nessuno può più girare la testa dall’altra parte. Non è concepibile – conclude Lufino – che sia noto dove si concentrano le sacche d’illegalità e le forze dell’ordine non lo sanno? S’iniziasse a rispondere a questa domanda, prima che ci scappi il morto”. Orefice, Pietro Albanese è uno di quei casi che possono parlare a tutti: “Personalmente ho subito 2 rapine e mio suocero, Delio Buono è morto assassinato il 3 gennaio ’83, dopo aver subito la rapina il 16 dicembre ’82, nel negozio. Gli artefici erano stati catturati, mandati a processo e assolti in appello per ‘insufficienza di prove’, si disse all’epoca. Quindi, la storia sicurezza e legalità è vecchia di 40 anni. La situazione peggiorerà perché c’è lo scarica barile, il rimbalzo delle competenze, delle carte bollate, della certezza della pena che manca e del falso buonismo. La giustizia è forte con i deboli e debole con i forti, si dice. Allora – conclude Albanese – perché devo pagare le tasse se lo Stato non mi garantisce sicurezza (i clienti escono poco) e servizi? Il gesto provocatorio della ‘disobbedienza fiscale’ potrebbe far spostare l’attenzione da questa parte. Da soli, inoltre, non si va da nessuna parte”. Ha adornato la fontana di piazza dell’Incoronazione, Agostino Carbonaro, commerciante: “Purtroppo non siamo messi bene. Siamo costretti a chiuderci nel negozio, mentre prima la porta non la chiudevamo nemmeno d’inverno. Siamo tornati indietro di vent’anni. Il sindaco deve insistere per far venire i poliziotti da fuori San Severo. L’attività investigativa la devono fare persone non residenti in città, anche perché tutti sanno tutto ed è difficile estirpare la delinquenza. Se le cose non cambiano, rischiamo tutti: prima che ci scappi il morto”. Il volontariato vera forza sociale, analizza la questione con il presidente della Consulta delle associazioni, Zelinda Rinaldi: “C’è una frammentazione sociale che non giova a nessuno, se non il: ‘Dividi et impera’ che aiuta chi delinque. È in atto la guerra tra poveri: persone senza lavoro, ragazzi che non vanno a scuola, commercianti e imprenditori morsi dalla crisi, pensionati alla fame, ecc.. Vanno rimesse al centro dell’agire le istituzioni e la comunità. Far cessare il clima di rissa a livello politico, che crea solo pessimismo e apatia all’interno della comunità, che resta viva e si dedica agli altri. Le persone oneste però, si sentono abbandonate, portate all’oblio e spinte verso la marginalità. La legalità, inoltre, va praticata tutti i giorni”. L’Epicentro diocesano, tanti giovani recuperati da don Nico d’Amicis: “Stiamo dicendo le stesse cose da troppo tempo. La riflessione ci porta a ripetere che ognuno deve fare bene la sua parte. Se il sindaco è arrivato ad un tale gesto provocatorio, vuol dire che si sente abbandonato dalle stesse istituzioni. La nostra risposta non può che essere l’impegno quotidiano, la preghiera, e i comportamenti virtuosi. San Severo è un paesone in cui tutti sanno di tutti. Alla fine ci sono concause di ‘niente’ che diventano difficili da risolvere. Ognuno deve dare il proprio contributo alla comunità, soprattutto chi ha responsabilità”. Paola Marino, operatrice culturale e imprenditrice: “La città risponde bene da un punto di vista culturale ma si lavora poco, se non nel fine settimana. Ci manca la cultura della cultura! Al gesto provocatori del sindaco, devono seguire atti tangibili. La colpa è un po’ di tutti. Ognuno deve fare la sua parte e ripartire proprio dalla cultura della legalità e delle cose belle. Ci stiamo ‘abituando’ più alle rapine e alle bombe, che ai mancati guadagni. Tra l’altro, non possiamo permetterci di essere rapinati, perché i profitti sono tali solo da farti pagare le tasse”.
Beniamino PASCALE

Altri articoli

Pulsante per tornare all'inizio