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UN CONCITTADINO 88ENNE VITTIMA DI TEPPISTELLI

ACCORATA LETTERA ALLA ‘GAZZETTA’

Sabato 17 ottobre alle 18 circa, mio padre, 88 anni e per fortuna ancora attivo, si è recato in un supermercato di porta Torremaggiore. Fatta la piccola spesa e caricatala nella sua “storica” Renault 4, si apprestava a ritornare a casa da mia madre, anch’essa 88enne. Mentre andava via è stato accerchiato da una banda di teppistelli, di età inferiore ai 14 anni, che fino a poco prima scorrazzavano nella galleria del supermercato e che da lì erano stati allontanati dall’intervento di una cassiera. Evidentemente attirati dalla vetustà del veicolo e in cerca di prede “deboli” sulle quali sfogare la propria rabbia, hanno iniziato ad insultare e a tirar calci all’automobile, gridando a squarciagola frasi che il mio anziano genitore ha compreso solo in parte: “Uagliù, u vecchjcaport a mac’navecchj”. Ovviamente spaventato dall’aggressione verbale e fisica all’automobile, mio padre ha guadagnato l’uscita, ma i teppisti lo hanno inseguito sulle bici, affiancandolo, insultandolo ulteriormente e continuando a dare calci alla vettura (luce di stop rotta) rallentata dal traffico del sabato sera. Giunto sotto casa, i teppisti si sono fermati ad insultarlo, fino all’arrivo di un condomino che, preso il cellulare, ha urlato: “Ho chiamato la polizia”. I delinquenti sono scappati, non senza aver proferito un’ulteriore minaccia: “Sapìm andò jabbt, mo’ t’amma fa’ vede’ nu!”. Sconvolto e umiliato dall’accaduto, mio padre è salito in casa ed ha raccontato tutto a mia madre, pregandola di non riferire nulla a noi figli. Ma il fatto era troppo grave e, una settimana dopo, mia madre non ce l’ha fatta a tenere ancora il segreto e mi ha rivelato tutto. Ho subito detto a mio padre che avrebbe dovuto chiamare me o il 113, non andare verso casa ma verso un presidio di polizia, ma egli mi ha fatto notare che la paura, la rabbia, la speranza che la smettessero di seguirlo gli hanno impedito di pensare serenamente. Non ho potuto fare altro che dargli ragione. I teppistelli non volevano rubargli nulla, volevano solo mettere in pratica i cattivi comportamenti appresi nel contesto sociofamiliare d’appartenenza, sicuri dell’impunità perché minori…e perché siamo in Italia, dove tutto è permesso. Certi ragazzini sanseveresi, si sa, si permettono di tutto, dal blocco delle processioni all’aggressione nei confronti dei più deboli: coetanei, diversamente abili e anziani. Il teppismo, in città, non è una novità. Quando racconto l’episodio, infatti, tutti hanno da riferire un’esperienza analoga capitata ad un membro della propria famiglia. Azioni di teppismo urbano che di solito non vengono neppure denunciate, per paura di ritorsioni o, più spesso, per sfiducia nelle Istituzioni. Neppure mio padre voleva denunciare, ma domenica 25 ottobre l’ho accompagnato al Commissariato di Polizia che ha immediatamente avviato le indagini. Purtroppo le immagini delle telecamere di sorveglianza del supermercato vengono conservate solo 24 ore e poi cancellate, per cui è stato impossibile identificare i giovani malviventi, ma l’aver denunciato e rotto il muro di paura e omertà, è già qualcosa, in un paese che occupa i primi posti nelle classifiche italiane dell’inciviltà e della maleducazione. Per fortuna mio padre ha una tempra forte e sta cercando di reagire a quanto accaduto. Ma i suoi occhi, che una volta facevano concorrenza a quelli dell’attore PAUL NEWMAN, denunciano che qualcosa si è rotto, che un interrogativo lo divora: “Perché io, che sono stato sempre un esempio di onestà per figli e conoscenti, che ho sempre dato molto più aiuto di quanto ne abbia chiesto, ho dovuto subire una tale violenza?”.Né io, né mia moglie – che egli considera come una figlia – riusciamo a dargli una risposta. Apprezziamo la sua forza e la sua capacità di “rimettersi in piedi”, ma pensiamo anche: “Se fosse invece stato uno di quegli anziani che, per la vergogna dell’offesa subita, si lasciano andare fino a morire…?”.

prof. ANTONIO G. DEL VECCHIO

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