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UN SOGNO ITALIANO di Francesca Panacciulli

I fenomeni migratori hanno, da sempre, interessato l’Italia. Essi possono essere distinti in :migrazioni interne e migrazioni internazionali. Per ciò che concerne le migrazioni interne, che interessano lo spostamento entro i confini del Paese, non può che risultarne

 

evidente il recente esempio del terremoto avvenuto in Abruzzo, che ha costretto tante famiglie, abituate a determinati stili di vita, a spostarsi da un giorno ad un altro. La base di rottura di questo modus vivendi si trova anche nelle migrazioni internazionali che, da ciò che dicono i libri di storia, hanno sempre interessato il Paese. Basti pensare al secolo scorso con la persecuzione ebrea. Molti sono fuggiti altrove e ne sono testimonianza i tanti parenti sparsi per il mondo o gli anziani che s’incontrano per strada che di storie di guerra, di fame e di fuga verso l’ignoto ne conoscono tante, tutte vere.

Ma le migrazioni non riguardano solo la questione religiosa. Avvengono anche e soprattutto per ragioni economiche sia nel secolo scorso che in quello attuale. Se da prima era la guerra la principale fautrice di una situazione economica non troppo felice ora lo è il sistema politico e, di conseguenza, il mal funzionamento del governo che spinge migliaia di giovani a prendere le valigie ed andare altrove.

Durante e dopo le due Guerre Mondiali, la meta principale, la grande attrattiva era l’America che, con il suo sviluppo industriale, invocava braccia al lavoro. Questo fenomeno, tuttavia, interessò , per la gran parte, gli italiani del meridione giacché ci furono canzoni a dimostrazione proprio di quello che fu un evento, in un certo qual modo, drammatico in quanto poneva in risalto l’arretratezza del popolo meridionale. Per esempio le parole della canzone popolare “Mamma mia dammi 100 lire che in America voglio..” testimoniano non solo le 100 lire che servivano per il viaggio e quindi la difficoltà economica , ma anche l’angoscia di una madre che, una volta partito il figlio, difficilmente l’avrebbe rivisto. O “Addio a Napoli” che rappresenta un po’ l’inabissamento del Titanic italiano, il vaporetto Sirio, che partì da Napoli il 6 luglio del 1906 e affondò tre giorni dopo per aver urtato uno scoglio vicino alle coste spagnole. Morirono, per i giornali locali, circa 700 persone. O la celebre canzone dei Ricchi e Poveri : “che sarà..” nell’abbandonare il celeberrimo “paese mio che stai sulla collina” lasciato per andare a cercare fortuna lontano.

Con questi esempi si vuole portare l’attenzione su un fenomeno che non è mai svanito e mai svanirà.

I flussi migratori portano comunque vantaggi e svantaggi. I primi sono, più che altro, per i paesi di arrivo, per l’apporto di giovani con manodopera a costo più basso che svolge lavori più faticosi. Ma anche nei paesi di partenza c’è vantaggio, per l’apporto di denaro a coloro che restano in modo da sollevare il bilancio. Gli svantaggi, invece, portano ad un incremento della delinquenza e alla fuoriuscita di nuove malattie (probabile ragione per cui gli immigrati che arrivano a Lampedusa vengono visti da alcuni in cattiva luce).

La situazione italiana un secolo fa era drammatica ma ora lo sembra ancora di più. Non c’è futuro in un paese in cui ognuno crede, con presunzione, di avere ragione, dove il ricco fa sfoggio dei suoi averi senza curarsi del povero accanto, dove si pensa a sprecare piuttosto che a conservare, dove il lavoro non si trova se non grazie a “certe amicizie”, dove si inizia a lavorare davvero a cinquanta anni, dove il giovane non ha esperienza, dove il governo è solo un modo di dire, dove c’è chi guadagna 100 e chi si accontenta di 10. Un’Italia in cui non c’è futuro è un Paese che pian piano si svuoterà, la patria degli anziani. Così non va. Bisogna prima tentare di migliorare il governo, sbloccare l’economia e favorire lavoro ai giovani e poi, chissà il flusso migratorio italiano cesserà e il Paese diverrà la nuova America. Utopia? Chissà , certo è che se ognuno iniziasse ad interessarsi un po’ scoprirebbe che l’Italia ha ancora un bel po’ da offrire, bisogna solo cercare e credere.

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