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Una lotta all’evasione fiscale… in cerca d’autore

In questi giorni il dibattito sul contrasto all’evasione di tributi locali è molto vivace, con commenti e discettazioni variamente accorati, non senza qualche atteggiamento contraddittorio da parte di alcuni esponenti della maggioranza che, da un lato, facendo propri gli slogan della “lotta all’evasione” e dell’ “equità fiscale”, hanno approvato in Consiglio Comunale l’entità dell’azione di recupero fiscale, dall’altro, avvicinati per alcuni chiarimenti/commenti sull’attuale campagna di contrasto all’evasione, hanno invocato un’improvvisa urgenza di dileguarsi, come se si trovassero nell’imbarazzo di assumersi la paternità di tale iniziativa, timorosi, forse, di perdere consenso politico.

Senz’altro, è possibile discutere di quanto la pressione fiscale risultante dalla considerazione congiunta dei vari livelli di governo (centrale e periferico) sia elevata (e, oggettivamente, è ai limiti dell’insostenibilità), benchè essa sia espressione della volontà di chi presiede a tali livelli di governo e fissa, nell’ambito dei propri poteri, l’entità del prelievo fiscale, con responsabilità ascrivibili ai rispettivi livelli di governo. Ma non è ciò che si vuol fare, in questa sede. Le norme, una volta approvate, vanno rispettate o fatte rispettare.

Ma quanto c’è di vero in questo bailamme di opinioni? Proviamo a dare qualche elemento, per fissare alcuni punti fermi ed evitare che il dibattito debordi nella direzione delle ricostruzioni più bislacche ed insensate.
E’ senz’altro vero che:
1) al fine di ridurre il debito pubblico nazionale, negli ultimi 5 anni gli enti locali sono stati chiamati a sostenere un contributo pesantissimo, con ingenti tagli alla c.d. finanza derivata (basato, cioè, su trasferimento dello Stato agli Enti locali);
2) gli Enti locali, privati di rilevanti risorse in precedenza provenienti dallo Stato, si sono visti costretti ad aumentare l’incidenza delle cc.dd. entrate proprie, con inevitabile impatto sulla collettività locale;
3) la riforma della contabilità degli Enti locali, entrata in vigore lo scorso anno, ha imposto agli amministratori di garantire l’esposizione, nei conti degli Enti da loro guidati, di entrate quanto più possibile “certe”. Ciò postula una spinta su tutte le attività svolte a presidio della c.d. tax compliance (cioè del rispetto degli obblighi fiscali), delle quali quella a contrasto dell’evasione è la principale. Dunque, nessun lassismo sulla riscossione delle entrate, pena il tracollo del bilancio dell’ente;
4) l’attività di contrasto all’evasione e la sua portata sono stabilite annualmente dal Consiglio Comunale, in sede di programmazione (DUP e bilancio di previsione) e svolte dagli uffici comunali in esecuzione di tale indirizzo.

L’evasione è un fenomeno endemico nell’economia nazionale e locale e, si sa, contribuisce all’aggravio impositivo a scapito dei contribuenti adempienti, nonché fattore distorsivo della concorrenza, in caso di imprenditori ed altri operatori economici.
Ma condurre una campagna di recupero tributi evasi resta un presidio di civiltà e di uguaglianza, nonché un atto dovuto per rispetto della stragrande maggioranza di coloro che assolvono spontaneamente alle proprie obbligazioni tributarie. E’ diretta applicazione di quel “patto sociale” chiamato “Costituzione”.

Fa sorridere, poi, il tentativo di trovare qualche improbabile scappatoia per sottrarsi alle richieste di pagamento da parte degli uffici, come accaduto riguardo agli avvisi di accertamento della TARSU non dichiarata. A tal proposito, mi limito, in questa sede, ad osservare che l’obbligo dichiarativo da parte del contribuente riguarda il 100% della superficie calpestabile (e non l’80% della superficie catastale), e che il potere accertativo è disciplinato dall’art. 73 del d.lgs. 507 del 1993 (nonché dalle norme introdotte dalla Legge Finanziaria 2007), dove non viene fatta menzione alcuna dell’80% della superficie catastale, come invece erroneamente sostenuto da qualcuno. Pertanto, oggetto del recupero a tassazione resta sempre il 100% della superficie calpestabile, senza sconti di sorta, potendosi legittimamente usare, ai fini dell’accertamento, i dati comunicati dall’Agenzia delle entrate.

Dunque, dura lex sed lex. Il Comune si è incamminato in una direzione virtuosa, quantunque obbligata, pena possibili censure in futuro non soltanto da parte di chi rispetta le leggi e ha espresso la propria fiducia politica, ma da parte della stessa Corte dei Conti!
Anziché tacere, cercare di sottrarsi a domande “scomode” o balbettare risposte imbarazzate, gli amministratori dovrebbero andare fieri del fatto che finalmente in questi anni anche a San Severo chi non paga i tributi dovuti sta maturando la consapevolezza che sarà comunque raggiunto da atti di recupero, e ribadire con orgoglio la titolarità di questa iniziativa di contrasto all’evasione. Per il bene non solo di chi i tributi li paga, ma della collettività tutta, a meno di non ambire a farsi rappresentanti degli evasori!
Il consenso politico non ha un bacino fisso ed immutabile nel tempo, ma si compone di tutti coloro che credono in alcuni valori condivisi. E se davvero si crede nella legalità, bisogna darne prova nei fatti, con il coraggio richiesto a chi si fregia di rappresentare non solo le istituzioni, ma anche la stragrande maggioranza di cittadini che credono nello stesso valore. La Città non chiede di meglio.

dott. Valentino Lorenzo

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