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‘VI LASCIO LUNGHI A TERRA’: COSÌ PARLAVA IL CAPORALE AI BRACCIANTI-SCHIAVI

Da REPUBBLICA.IT del 23 agosto 2015 rilanciamo per i nostri Lettori un interessante servizio dell’inviato GIULIANO FOSCHINI su una brillante operazione della Guardia di Finanza di San Severo e il triste fenomeno del ‘CAPORALATO’ in questa zona:

Per capire come vanno le cose nelle campagne pugliesi bisogna ascoltare le parole degli schiavisti e degli schiavi. Non quelle mediate dalle interviste di rito di questi giorni (“Io? Solo un mediatore”) o annacquate dalla paura di non tornare mai più a lavorare (“Speriamo di continuare nei campi quando tutto sarà finito”). Ma le parole registrate sui nastri dalla GUARDIA DI FINANZA DI SAN SEVERO che per mesi ha seguito e intercettato un CAPORALE di Torremaggiore ANTONIO C., per il quale due settimane fa il Tribunale del Riesame di Bari ha disposto l’arresto sulla base della nuova LEGGE SUL CAPORALATO. Sulla carta, il caporale era uno dei tanti tour operator. “Ma  –  scrive la Presidente del collegio, FRANCESCA LA MALFA –  si dedica ampiamente e professionalmente alla attività di procacciatore di manodopera da utilizzare in lavori agricoli, in luogo di quella di noleggiatore, che è solo strumentale all’illecita attività “. Non è un procacciatore normale, però. I lavoratori reclutati erano ‘vittima di minacce o di intimidazione o pressione’ e a loro venivano imposte “versioni da rendere alle forze dell’ordine in occasione dei controlli”. Per esempio, ANTONIO C. va su tutte le furie con il padre, che lavorava per lui come “gestore” dei braccianti dopo un controllo della Finanza.

ANTONIO C.: “Che sei andato a dichiarare, sei andato a dichiarare che il camion l’hai preso a noleggio, è così?”.
Padre: “Sì (…)”.
C.: “Allora sai cosa significa questo qua, che voi con i mezzi miei non dovete andare più a lavorare… Quello basta che mettono il numero della targa e risulta la macchina a uso proprio. Insomma tu sapevi che mio figlio è caporale così”.
Il padre prova a difendersi. “Ma no… Io ho solo detto che il mezzo diciamo se lo sono affittati e controllo il mezzo per la strada se quelli corrono o no…”.
C.: “Ma perché? Perché voi siete una massa di deficienti, siete scemi. Allora la cosa che vi meritate è che io devo venire là, incominciando da te che sei il primo, fino a quelli là, vi devo rimanere tutti a terra, tutti lunghi per terra”.
Questi toni, leggendo gli atti, non sono certo una novità. ANTONIO C. recluta principalmente italiani. Ha i suoi. Quando però ha molte richieste si rivolge a una “collega” bulgara che gli manda qualcuno. Teneva una contabilità molto precisa delle giornate dei suoi dipendenti, tutte sequestrate dagli uomini della FINANZA  –  coordinati dal Comandante provinciale, il colonnello FRANCESCO GAZZANI –  nel corso di una perquisizione. 54,36 euro era la paga ufficiale, dai 30 ai 40 euro quella data ai braccianti. La differenza la teneva il caporale. Che metteva a tacere, a modo suo, tutti quelli che provavano a lamentarsi, come Adrian.
Adrian: “Faccio troppe ore, io domani non vengo!”.
ANTONIO C.: “Sì? È l’azienda stessa che dice tu domani non venire perché tu fai quello che fanno gli altri mi capisci! Punto e basta, capito?”.
Il caporale di Torremaggiore dimostra così, spiega il giudice, ” come la libera decisione non poteva provenire dal lavoratore ma gli sarebbe stata imposta quale conseguenza dell’intolleranza alle condizioni di lavoro impostegli che non potevano essere in alcun modo messe in discussione”. Chi si ribella, deve rimanere a casa. Come DINO, OPERAIO DI SAN SEVERO – Giuseppe (ndr, collaboratore di ANTONIO C.):
“Antonio, non lo porto a DINO?”.
ANTONIO C.: “No, no, rimandalo a casa, rimandalo a casa… Tu devi ascoltare un pochettino a me, tu non sai quello che è successo e quello che non è successo. Deve rimanere a casa, e basta”.
Il perché lo spiega nella telefonata successiva.
C.: “Danno a te 50 euro, e tu dai a me 40, si è messo a fare casino davanti a tutte le persone (….) non deve venire più, se si presenta deve rimanere a casa, deve restare al paese”.
Padre: “(…) Quelllo ha detto che va dalla Finanza e ci porta a tutti quanti”.
C.: “E vai vai…”.
“Una volta  –  mette a verbale un bracciante, D. S.  –  ho chiesto a ANTONIO C. di vedermi saldare una giornata e l’ulteriore somma di 20 euro, a saldo di altre due giornate. Ma lui si alterava e mi colpiva con un violento schiaffo”.
Lo stesso tono lo usava anche con le aziende per cui prestava servizio: “La settimana prossima io voglio i pagamenti, se no devo menare a tutti quanti, a tutti quanti picchio” urlava al telefono. Mentre sulle carte, come al solito, TUTTO ERA IN REGOLA.

 

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