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CASSAZIONE: “LEGITTIMI GLI EPITETI CONTRO IL SINDACO”

Non è reato dare del falso e del bugiardo a un Sindaco se non ha mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale. Ciò è quanto disposto dalla CORTE DI CASSAZIONE, quinta sezione penale, nella sentenza n. 317/2018, con cui ha confermato l’assoluzione di alcuni consiglieri dal reato di diffamazione. La sentenza 317 della Cassazione ha riconosciuto il diritto di critica politica a un gruppo di consiglieri comunali dell’opposizione del Comune di FURCI SICULO, nel Messinese, che avevano affisso nel paese alcuni manifesti contro il Sindaco. Nei manifesti veniva definito falso, bugiardo, ipocrita per…aver deliberato l’erogazione dell’indennità di funzione a cui il primo cittadino aveva dichiarato di voler rinunciare in campagna elettorale. Nella sentenza si sottolinea che…gli epiteti rivolti al Sindaco si ricollegano al mancato adempimento delle promesse elettorali nonché all’avere omesso di dichiarare pubblicamente il proprio ripensamento sul tema dell’indennità di funzione, tradendo così le promesse elettorali. Interessante, inoltre, è quanto la CORTE SUPREMA afferma che…è apparso chiaro ai giudici di merito che l’attacco al Sindaco riguardava specificamente le scelte politiche ed amministrative sue e della sua maggioranza e, del tutto correttamente, si è escluso che sia trasmodato in un attacco alla dignità morale e intellettuale della persona offesa. Con questa motivazione è stato respinto il ricorso del Sindaco alla Corte di Cassazione per risarcimento danni alla moralità della sua persona. Il Primo Cittadino, infatti, sosteneva che le espressioni utilizzate dagli oppositori avessero oltrepassato i limiti di continenza del diritto di critica. Sul punto, i Giudici della Corte hanno ricordato come il diritto di critica attenga a un giudizio valutativo che trae spunto da un fatto ed escluda la punibilità di affermazioni lesive dell’altrui reputazione, purché le modalità espressive siano proporzionate alle proteste espresse. IN QUESTA VICENDA GLI EPITETI ERANO PROPORZIONATI E QUINDI LEGITTIMI. Spesso, dopo le votazioni, i vincitori dimenticano i proclami e le promesse vengono disattese. Alzi la mano chi non ha mai avuto voglia di rivolgere delle critiche (anche forti) nei confronti di chi amministra la cosa pubblica. Chi si rende responsabile di una mancata promessa pubblica presa con gli elettori e poi addirittura ne realizza l’esatto contrario, sappia che se riceve degli epiteti adeguati al suo voltafaccia non potrà fare del vittimismo o addirittura alterarsi. In questo caso, una terza via ci sarebbe: potrebbe sempre porgere pubblicamente le sue scuse e dignitosamente imboccare la strada di casa per godere dei suoi affetti privati. Meglio la via dell’esilio che quella del disonore!

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