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LA MIA CITTA’: INNO ALLA CITTA’ DI SAN SEVERO di MATTEO ANTONACCI

Matteo Antonacci è a San Marco in Lamis, città materna un piccolo paesino di montagna nella provincia di Foggia; ma ha vissuto, sempre nella provincia di Foggia, a San Severo, città paterna, città d’arte dai “mille colori” dove risiede la sua anima, dove ha passato tutta la sua infanzia fino a gran parte dell’età adulta. Sin da piccolo ha avuto una propensione più verso lo sport che lo studio, è stato sempre riluttante alla scuola e ai “sistemi scolastici”, Matteo preferiva la strada e due calci ad un pallone, piuttosto che fare compiti e rincorrere voti. In lui cresceva, infatti, sempre di più l’esigenza di assecondare il suo spirito contribuendo alla sua elevazione attraverso la lettura  soprattutto di libri classici, storici, filosofici e psicologici. Nacque l’esigenza impellente di rendere  concreti i suoi pensieri esprimendo come una catarsi il suo mondo interiore sensibile attraverso la scrittura.

“La mia città”, ennesimo capolavoro d’inchiostro, una poesia che immortala la città di San Severo nelle sue tradizioni, usanze e ricordi di tempi lontani.

Il testo conduce verso sensazioni di realtà vissuta, attraverso l’emozione di ricordi come l’odore della polvere da sparo dei petardi, durante la Festa del Soccorso, l’inebriarsi della zuppetta nel periodo natalizio. Il poeta coinvolge la sensazione di trovarsi tra quelle strade e per quelle strade che ritornando immagina la sua vita passata ed il sorriso di rivedersi in una realtà d’origine.

E’ così ogni volta che i suoi passi sfioreranno la città di San Severo la sua mente verrà “rapita” dalle immagini di tradizioni, ricordi e devozioni come quella del proprio luogo natio legato da quel cordone ombelicale che mai si spezzerà.

CAROLINA LEONE

LA MIA CITTÀ

Ho lasciato le tue strade per una diversa

che la vita mi ha donato, ma tutto mi riconduce a te,

i tuoi odori, i tuoi sapori, la mia infanzia,

i miei giochi, le mie gioie e dispiaceri,

e non importa delle tue disgrazie, siamo tutti un po’

disgraziati ma alla fine siamo tutti un po’ fratelli!

Sono figlio del mio passato e dei meravigliosi autunni:

la campagna coi suoi campi magnificamente pettinati

tra la scorza ruvida degli alberi d’ulivo e i vitigni;

la vendemmia tra il ribollire del mosto

e il lavoro dei torchi da notte fonda all’alba;

in edifici antichi di calce bianca: frantoi e cantine,

pregni di storia e odori

che aleggiano in una città di mille colori.

Tra il sapore dell’olio e del buon vino rosso,

rosato e bianco, che accompagnano

i nostri pranzi e cene nelle ataviche tradizioni,

tutto abbraccia la mia intera esistenza,

ove scorgo, come in un magnifico sogno,

le cupole delle chiese e le mura barocche

della mia città, il sontuoso Teatro, i palazzi

settecenteschi e ottocenteschi di Via Roma;

ogni cosa contenta il mio spirito

al cospetto di cotanta bellezza.

Nei tempi che furono di semplici e mirabili fasti,

alla fine della giornata di lavoro nei campi,

i contadini spossati rientravano fieri coi propri trofei

di fiori e di frutti: mazzolini di garofani rossi,

rose purpuree e bianchi gigli; fichi, melograni, mele

cotogne e gelsi accomodati in cestini di vimini

coperti di fresche foglie.

Il Natale! Giorno perfetto per il pranzo dei pranzi:

la Zuppetta!

Orgoglio nostrano della tradizione culinaria,

dà sapore all’attesa di una nuova magia…

E la festa patronale! In maggio della terza domenica,

“La Madonna del Soccorso”, indorata figura

dai ricci capelli biondi col candido bimbo in grembo

che procedeva lenta

tra il fragore dei petardi e il tripudio della folla

per balconi adorni e bigliettini volanti e colorati,

a scortarLa i suoi santi compatroni:

Severino e Severo, a seguito tutti gli altri santi;

e noi rigorosamente vestiti a festa, la nostra festa!

Infine, ad attenderci, quella pasta al forno, ristoro

di una stremante giornata tra fuochi e baldorie.

Se dovessi dare un’immagine a tutto ciò

non avrei dubbi!

Come in un trailer d’un vecchio film

la darei dietro i finestrini dell’auto del mio papà:

contemplavo le campagne e i suoi tramonti rossastri

al di là dei casolari abbandonati;

immagini fugaci innanzi ai miei occhi pieni di stupore:

mi chiedevo come sarebbe stato

il futuro nel riverbero del mio passato, gli affetti,

gli amici, i luoghi e i racconti, tutto rifulge in me…

Ora, dopo tanti anni alcun dubbio m’invade,

giaccio tra la dolce culla dei miei pensieri

e il ristoro del mio cuore:

ogniqualvolta tocco la mia terra, San Severo,

ne sono eterno e grato,

qui vive il mio ricordo e le radici del mio Amore.

MATTEO ANTONACCI

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