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San Severo: IL NONNO DI CIRO

CIRO invitava spesso i suoi compagni di quartiere a fare compagnia a suo nonno FILIPPO. Era un vecchietto arzillo che abitava in via Previdenza, una stradina che collega via Soccorso con via Roma, situata proprio dirimpetto al Santuario della Madonna del Soccorso. Era un artigiano molto apprezzato. Aveva cominciato nel dopoguerra a costruire botti di legno pregiato per la conservazione del vino nelle cantine di abitazioni settecentesche, aveva continuato a costruire mobili su misura e con il restaurare perfino mobili antichi. Nell’estate del 1958, FILIPPO armeggiava di buon mattino con una caffettiera napoletana nella sua casa a pianterreno dove viveva la sua vita da pensionato. Gli piaceva sentire il gorgoglìo del caffè che veniva a galla. A metà ebollizione se ne versava un po’ nella sua tazzina preferita e lo sorseggiava, seduto, davanti alla sua porta, sbirciando pigramente alcuni fogli di giornale. Preferiva trascorrere così molte ore della giornata anche a causa di una malferma deambulazione. FILIPPO entrava in azione la sera. Sempre lo stesso rituale: dopo aver consumato una cena frugale, fumava un mezzo sigaro sull’uscio di casa. Di colpo, attorno a lui, si formava un semicerchio di persone che abitavano nella stessa strada e tutti si portavano dietro una sedia. Alcuni cascavano dal sonno, ma erano curiosi di ascoltare – tutte le sere – le imprese di guerra compiute dal reduce FILIPPO. <<Questa sera vi racconterò di quando sono stato in Spagna, nella battaglia di Guadalajara. Lì ho dovuto sostenere un sanguinoso scontro proprio contro degli italiani e mi porto questo peso nel cuore perché ho dovuto sparare e uccidere. Sapete, fui io, prima che la battaglia iniziasse, a parlare attraverso un altoparlante per rivolgermi agli italiani schierati sull’altra sponda del fiume invitandoli a deporre le armi ed evitare uno scontro fratricida. Purtroppo non fui ascoltato e… fu un massacro. Tutto cominciò nei primi mesi del 1937, quando la guerra civile spagnola sembrava ancora potersi concludere rapidamente. Dall’Italia fu inviato in Spagna un Corpo di Truppe Volontarie, guidato dal generale MARIO ROATTA, con l’idea di partecipare a poche azioni assieme ai franchisti. In un primo momento le cose sembrarono andar bene: il contingente italiano conquistò Malaga in tempi brevi. «Domani a Guadalajara e fra tre giorni a Madrid»: con queste parole ROATTA incoraggiava i soldati. Ma non andò così: l’offensiva italiana, dopo una prima serie di successi, fu sconfitta sonoramente dalle forze Repubblicane e dalle Brigate Internazionali nei pressi di Guadalajara. I morti si contavano a migliaia. Molti altri, a centinaia, furono fatti prigionieri; questo accadde il 18 marzo del 1937. Terminato il racconto, FILIPPO si asciugava di nascosto le lacrime e poi si scusava con il suo uditorio perché voleva andare a dormire. Gli ascoltatori: giovani, ragazzi, donne, riportavano le sedie nelle loro case augurandogli e augurandosi la buona notte. Quei racconti, la memoria dei fatti vissuti, la comunicazione tra nonni e nipoti, costituivano in quegli anni un formidabile lascito generazionale. Gli anziani, i pensionati, i nonni di questa epoca, si trovano a fare i conti – putrtroppo – con la “trasformazione antropologica” dei nipoti.

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